di Fabio Torriero

Questa è stata una campagna elettorale affrettata e frettolosa.

Molto probabilmente, se si fosse votato a dicembre, con tutti gli effetti della crisi energetica, dovuti alle sanzioni, il voto alternativo al “sistema-Draghi” e al finto bipolarismo che vede purtroppo destra e sinistra essere solo i diversi lati della stessa medaglia, e cioè il pensiero unico (in fondo su sanzioni, armi all’Ucraina, atlantismo, Green Pass, vaccini, la pensano uguale), sarebbe certamente stato molto più robusto.

La fretta quindi, ha obbligato i partiti a vecchie rappresentazioni, che sopravvivono per due ragioni: ricompattare i target interni e fissare differenze, opposte tifoserie, solo per accrescere o confermare il consenso.
Diciamo la verità, destra e sinistra disegnano non solo un’Italia che non c’è più, ma anche un sentimento popolare inesistente. La realtà è molto più complessa: oltre a destra e sinistra, ammesso che i due maggiori schieramenti abbiano una omogeneità culturale, preludio e condizione necessaria per la governabilità coerente (condizione illusoria, visto che convivono trasversalmente le anime più disparate: europeisti-euroscettici, filo-Nato, anti-Nato, filo-armi, anti-armi, liberisti-statalisti, cattolici-laici, moderati, estremisti, ecologisti-cementificatori, garantisti-giustizialisti etc); c’è il terzo polo che non è esattamente il grande centro, come lo intendevamo un tempo, e poi ci sono i grillini, che con l’ultima sterzata di Conte, hanno recuperato la categoria “alto-basso”, popolo contro casta; e infine, come accennato, i variegati nuovi soggetti politici anti-sistema (Italexit, Alternativa per l’Italia, Italia sovrana e popolare, Vita).

Inoltre, i temi caldi e dolorosamente sensibili, sono stati appena accennati; ci riferiamo alle ricette per far uscire il Paese dalla crisi economica, energetica. Abbiamo ascoltato tante ricette confuse, demagogiche, troppe liste della spesa, in assenza di una decisione da parte del governo e soprattutto di Bruxelles. Bollette a parole, ma poco costrutto e poi come noto, fascismo, legittimità di una donna di destra a rappresentare le istanze delle donne, Orban, reddito di cittadinanza. Fumo negli occhi ed eccessivo populismo mediatico.

Fatto curioso, anche il posizionamento-riposizionamento delle forze in campo durante la campagna. Una specie di dama, con relativa “pedina mangiata”. La Meloni ha sterzato verso il centro, Salvini è tornato verso destra, Conte, ennesima piroetta rispetto al passato “oltre la destra e la sinistra”, ha detto che i 5Stelle sono la vera sinistra; Letta ha allargato il campo a sinistra e Calenda-Renzi si sono divertiti a sparigliare sia la destra, sia la sinistra.

Infine, gli slogan: sufficienti quello di Conte (“Dalla parte giusta”), almeno offre una parola speriamo definitiva sulla sua collocazione, e di Calenda (“Italia sul serio”), accreditandosi ormai come garante di un’altra politica, dove una cosa è giusta al di là del fatto se sia di destra o di sinistra.

Ma Calenda ricorda troppo Segni, La Malfa, il primo Renzi (suo sodale): un cambiamento dentro il sistema, che dà l’illusione ai moderati di effettuare una rivoluzione formalmente tosta, ma sostanzialmente letteraria, lasciando tutto come sta. L’esatto contrario dei grillini, che volevano stravolgere il sistema dall’esterno e poi, nel nome della liquidità estrema, sono finiti dove sono finiti. Il governo con tutti (il peggiore trasformismo). Insufficiente lo slogan di Berlusconi, che ha ripetuto meccanicamente il mantra del 1994 (“Di nuovo in campo”), comprensibile, ma limitato e limitante quello di Salvini (“Credo”), mirato a riprendersi quei voti identitari passati alla Meloni, in contrasto con la sua campagna elettorale incentrata sul caro-bollette, sul lavoro e la sicurezza.

Negativi tecnicamente (indipendentemente dai loro risultati), gli slogan della Meloni (“Pronti a governare”), sintomo di una persistente e mai guarita “sindrome da legittimazione”, che di fatto chiede agli altri (al mainstream) un giudizio, uno sdoganamento che non verrà mai dato, restando il marchio di infamia dell’impresentabilità e inaffidabilità. Delle due l’una, o sei pronto a governare e non hai bisogno di dirlo, o non lo sei e devi affermarlo (una smentita è una notizia data due volte).

Letta da un lato, ha tentato di polarizzare lo scontro politico anche sul piano comunicativo (la divisione grafica di “Scegli” da che parte stare, il rosso e il nero a simboleggiare il male e il bene declinati nei vari argomenti). Dall’altro, ha confermato la “sindrome di Voltaire”, ossia la pretesa della sinistra di incarnare il bene, la democrazia, la libertà, i diritti, la cultura, l’etica, la morale, il progresso e dall’altra, ovviamente il male, il Medioevo, il razzismo, l’omofobia, Orban, il fascismo etc.
In soldoni, una comunicazione elettorale non all’altezza dei nuovi tempi, delle emergenze e delle risposte che la classe politica deve dare.

Fonte:

Di BasNews

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