Foto residenze, spettacoli, Agorà: https://we.tl/t-scIz4A0rMx

La cultura e l’arte sono strumenti fondamentali per portare nuove energie ai comuni delle aree interne e per connettere le loro comunità, che “in linea d’aria” sono molto più vicine di quello che possa sembrare.  È stato questo il messaggio emerso nel corso dell’Agorà finale svoltasi domenica a Matera, nell’Open Space dell’Apt Basilicata, a chiusura di “In Linea d’Aria”. Il progetto della Fondazione Matera Basilicata 2019, curato da Anna Gesualdi e Giovanni Trono di Teatringestazione, con il sostegno del Goethe Institut Napoli, ha coinvolto dal 29 novembre al 5 dicembre, sotto il coordinamento di Massimiliano E. Burgi, project manager di “In Linea d’Aria”, cinque comuni lucani – Accettura, Aliano, Campomaggiore, Cirigliano, Pietrapertosa – nel cuore delle aree interne della Basilicata. Il programma è stato articolato in residenze artistiche e spettacoli in presenza e via radio, costruiti insieme alle comunità, per riflettere sulle nuove narrative e prospettive possibili per queste aree, in particolare dopo le nuove sfide poste dalla pandemia e oltre gli stereotipi. 

L’Agorà, guidata dall’antropologa e giornalista Patrizia Giancotti, è stata costruita intorno ad un tavolo circolare, a cerchi concentrici, una sorta di “banchetto del pensiero” a cui sono state invitate diverse persone per capire in quale modo si possono collegare le aree troppo vuote con quelle troppo piene e il ruolo che in questo possono svolgere nelle aree remote i cittadini temporanei – migranti, turisti, lavoratori e studenti stagionali, artisti – nel momento in cui si mettono in relazione con quelli permanenti, come spiegato da Rossella Tarantino, manager sviluppo e relazioni della Fondazione.  Tra le prime suggestioni portate al centro del dialogo ci sono state quelle di coloro che hanno preso parte al progetto “In Linea d’Aria”: l’idea del “migrante temporaneo”, ovvero colui che si allontana dal proprio paese, vivendo questo distacco non con il dolore di chi si sente espulso, ma con la gioia di chi sa di potervi fare ritorno (Andrea Santantonio, IAC). L’umanità vibrante dei piccoli paesi, divisa tra l’attesa di una imminente fine e la proposta di ripartire da zero (Antonella Iallorenzi, compagnia teatrale Petra). L’opportunità offerta dall’arte di rileggere tradizioni e costumi di questi luoghi in chiave contemporanea (Lara Russo e Paola Bianchi, danzatrici). La necessità di continuare a connettere queste aree con nuove progettualità, di stimolarle dopo l’ulteriore isolamento provocato dalla pandemia, di mettere a valore le ricchezze di cui ciascuno di esse è dotata, di sostenere quei giovani che scelgono di investire nei propri paesi di origine, di non lasciare soli gli amministratori locali (sindaci di Cirigliano, Campomaggiore, Pietrapertosa e Accettura). Il contributo che l’arte e la cultura possono dare per provare a trasformare in un nuovo inizio quella che può sembrare la fine (Giovanni Trono, Teatringestazione).

Il dialogo è stato arricchito anche dalle riflessioni di policy maker, operatori culturali ed esperti locali e nazionali che lavorano sul tema delle aree interne. Tra i temi affrontati, il ruolo di arte e cultura come strumenti per ripensarsi e fare comunità, ma anche la cittadinanza temporanea come sfida per il futuro per i giovani di queste aree, andando oltre il concetto di residenza (Filippo Tantillo, ricercatore già coordinatore scientifico del team di supporto al Comitato Nazionale per le Aree Interne). La capacità della pratica artistica di intercettare e restituire la pluralità di flussi che si compenetrano in un luogo (Alessandra Pioselli, critica d’arte e curatrice, già direttore dell’Accademia di belle arti G. Carrara di Bergamo). L’invito a non disperdere la ricchezza custodita in queste aree, valorizzandola attraverso sistemi innovativi e sperimentali (Giampaolo D’Andrea, Consigliere del Ministro della Cultura Dario Franceschini). I risultati della ricerca sui giovani delle aree interne condotta da Riabitare l’Italia, dalla quale emerge che molti di questi ragazzi, che hanno studiato e che sono andati via, vogliono tornare a vivere nelle aree di provenienza (Giulia Cutello, ricercatrice). L’esperienza dell’associazione South Working – Lavorare dal Sud e della sua azione per creare “presidi di comunità” in modo da agevolare il lavoro ma anche la vita sociale di chi fa questa scelta (Ilaria d’Auria, esperta di progettazione europea che lavora da Maratea per Bruxelles). Lo stretto legame che l’Ateneo lucano ha con il suo territorio, di cui condivide le criticità, essendo nato come sfida post sisma del 1980, ma anche il suo continuo trovare nuove ragioni di esistere, percependosi esso stesso come comunità, e il suo lavorare per fare insieme alle persone, in virtù della “terza missione” di cui è investita l’Università (Chiara Rizzi del NatureCityLAB – DiCEM, Università degli Studi della Basilicata). La drammaticità dei dati sullo spopolamento e le difficoltà incontrate ogni giorno dagli amministratori locali per riuscire a garantire i servizi essenziali da un lato e l’attrattività turistica dei propri paesi dall’altro (Andrea Bernardo, Presidente ANCI Basilicata e Sindaco di Colobraro- MT). Il lavoro sinergico che Matera può fare con i comuni della provincia, per intercettare i visitatori e indirizzarli verso questi territori, anche dando una reale percezione delle distanze in maniera creativa (Domenico Bennardi, Sindaco di Matera). Il lavoro di Officina Giovani Aree Interne per costruire strumenti di policy in grado di aiutare i ragazzi che hanno desiderio di fare sperimentazione in queste aree, superare l’isolamento, scambiare pratiche, guardando ad esse come territori del possibile, del fare (Antonia Marano, esperta di processi partecipativi). L’attivazione di processi artistici in un territorio interno come quello dell’Irpinia da parte dello Sponz Fest ideato e diretto da Vinicio Capossela, da cui è nata una comunità di cittadini temporanei che si ricrea ogni anno, facendo del vuoto una risorsa per generare accoglienza (Maria Scalisi, architetto e ricercatrice sulle aree interne). Il lavoro sul tema dell’autorappresentazione di queste aree anche in relazione alle mappe geografiche (Rita Orlando, project manager Open Design School). Un approccio non da “supereroi” ma che tenga conto delle peculiarità del posto quando si progettano azioni di rigenerazione delle aree interne (Raffele Vitulli, Materahub). L’esperienza di residenze formative e di ricerca nei paesaggi culturali del Cilento per il progetto Transluoghi che genera incontro tra comunità temporanee e comunità stanziali (Liviano Mariella, Recollocal).  I nuovi processi di immigrazione che possono contribuire a ripopolare le aree meno abitate del Paese, utilizzando la cultura come collante fra i nuovi arrivati e chi li accoglie (Giovanni Oliva, Direttore Fondazione Matera Basilicata 2019). Da parte dei sindaci lucani presenti, è inoltre stato sottolineato il ruolo della Fondazione Matera Basilicata 2019 come soggetto aggregatore rispetto all’attivazione delle aree interne, e di come essa sia stata in grado di cogliere l’invito all’inclusione lanciato dal Presidente Mattarella in occasione della cerimonia di apertura di Matera 2019. Da parte degli operatori culturali locali è emersa infine l’esigenza di un’azione di sistema a livello regionale sul tema delle residenze artistiche.

L’Agorà si è conclusa con lo show cooking del trio tedesco Radio Cashmere che nella loro residenza artistica hanno girato nei mercati rionali di Matera, scoprendo i prodotti locali e reinterpretandoli in una nuova ricetta di Canederli, per creare un ponte fra la cultura tedesca e quella lucana. Un prezioso supporto all’organizzazione dell’Agorà è stato fornito dall’associazione Volontari Open Culture 2019, una delle eredità di Matera Capitale Europea della Cultura, celebrando in questo modo la Giornata Internazionale del Volontariato. Tutto il materiale raccolto durante le residenze, gli spettacoli e l’

Di BasNews

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