La missione di pace africana guidata dal presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa non ha avuto una bella accoglienza a Kiev, nonostante fosse animata da buone intenzioni. Zelensky ha detto che non capiva quale fosse il loro piano per mettere fine alla guerra e che, in realtà, era semplicemente irrealistico.

Insomma, ha fatto capire chiaramente che Ramaphosa e i leader africani che si erano associati alla missione (il presidente dello Zambia Hakainde Hichilema e quello del Senegal Macky Sall) non erano i benvenuti, nonostante li abbia incontrati (non poteva evitarlo…).

Inconvenienti da record

D’altronde, che la missione di pace africana non fosse ben vista in Occidente, da cui la reazione stizzosa di Zelensky, lo si era capito fin dall’inizio. Il giornale sudafricano Daily Maverick riferisce che il viaggio ha subito contrattempi inusitati, tanto che Il capitano della South African Airways Mpho Mamashela ha dichiarato che “qualcuno dovrebbe prenderne nota e inserirlo nel guinness dei primati”.

Infatti, il velivolo, nonostante avesse tutte le carte in regola per il volo, ha dovuto girare a vuoto a lungo prima di ottenere il permesso per sorvolare i cieli italiani.

Quindi, giunto a Varsavia, dove ha fatto tappa prima di ripartire per Kiev, un altro e più fastidioso contrattempo. Atterrato, infatti, le forze dell’ordine polacche hanno letteralmente impedito alla sicurezza e ai giornalisti al seguito della delegazione di Stato di scendere dal velivolo per più di 24 ore, adducendo motivazioni del tutto pretestuose. Tra i fermati anche la sicurezza personale del presidente sudafricano, che ha reagito in maniera dura alla prepotenza (incidente poi rientrato).

Non solo, dopo che Ramaphosa ha terminato la visita di Stato a Varsavia, nel corso della quale ha incontrato il presidente Duda, l’aereo doveva ripartire alla volta di Kiev, per raggiungere il presidente che vi sarebbe giunto in treno. Ma le autorità polacche, dopo aver dato il via libera, hanno nuovamente bloccato l’aereo a terra, autorizzando però i suoi occupanti a scendere dopo più di 24 ore di sequestro.

Le bombe mediatiche su Kiev

Anche la visita a Kiev di Ramaphosa ha avuto i suoi inconvenienti, almeno mediatici. Infatti, i media d’Occidente hanno raccontato che, giunta a Kiev, la delegazione è stata accolta dalle bombe, avendo i russi scelto proprio quelle ore per lanciare missili sulla città, nonostante la visita fosse stata comunicata anche ai russi, dal momento che, dopo Zelensky la delegazione doveva incontrare Putin.

Non sfugge che tale rappresentazione dei fatti serve a rendere l’idea che Mosca sia talmente ostile a una prospettiva di pace che ha voluto intimidire la delegazione africana o, in subordine, gli sia così indifferente da ritenere non necessario evitare di lanciare missili sulla capitale ucraina nel corso della visita.

A tale proposito la CNN riporta un post su Telegram di Andriy Yermak, capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina: “Putin vuole dimostrare di essere pronto a ignorare la sicurezza dei leader stranieri, non gli importa davvero, perché sente di avere una totale impunità. E chiunque altro può essere al posto dei leader africani”.

“Ricordiamo che i missili volavano anche quando il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres sono arrivati ​​in Ucraina”, ha aggiunto Yermak in un post su Telegram, invitando il mondo ad assumere “la posizione più dura possibile contro la Russia”.

La smentita del portavoce di Ramaphosa

Proprio il cenno sull’analogia con la visita di Biden suscita qualche sospetto. In realtà, nonostante tutti i media occidentali abbiano riportato che durante la visita del presidente Usa i russi abbiano bombardato Kiev, la notizia era falsa, come ha poi dichiarato, anche se non esplicitamente, il Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan. Solo il suono delle sirene dell’allarme antiaereo era vero, ma era tutto uno show a uso e consumo dei media.

Così riportiamo quanto riferito dal portavoce del presidente sudafricano, Vincent Magwenya, come riportato da Azerbaican24: “In realtà non si sono sentite sirene o esplosioni, ha detto Magwenya. ‘Non abbiamo sentito alcuna esplosione’, ha twittato. ‘Invece, abbiamo visto persone che con calma continuavano le loro occupazioni giornaliere’”.

D’altronde sarebbe davvero strano che Putin tiri bombe contro Ramaphosa, essendo il Sudafrica un Paese membro dei Brics – tra l’altro guardato con ostilità dagli Usa che l’accusano di inviare armi alla Russia (!) – e in rapporti più che proficui con Mosca.

Peraltro Putin aveva telefonato al presidente sudafricano pochi giorni prima, l’8 giugno, al quale aveva detto di aver “accolto con favore l’iniziativa dei leader africani ed aveva espresso il desiderio di riceverli” (Daily Maverick).

Ma la missione di pace africana sembra ormai seppellita sotto le bombe mediatiche, nonostante avesse una rilevanza non secondaria. Infatti, Ramaphosa, prima di partire aveva chiamato Xi Jinping, con il quale evidentemente si era coordinato, avendo la Cina messo in campo un piano di pace solido (come da valutazione di Henry Kissinger). Proprio la sua rilevanza spiega i tanti inquietanti incidenti di percorso.

Fonte:

Di BasNews

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