di Aldo Di Lello

Neanche Maurizio Landini, leader della Cgil, se la sente di alzare le barricate contro il costituendo governo Meloni. L’opposizione sociale non è al momento annunciata. L’opposizione politica, da parte sua, è in piena crisi di passaggio: la guiderà il Pd o il M5S?

L’unica vera opposizione viene dal mondo dei media, precisamente dalla “Repubblica”, il  “giornale-partito” , come si cominciò a dire al tempo delle campagne contro  Bettino Craxi scatenate negli anni Ottanta da Eugenio Scalfari. Il quotidiano diretto da Maurizio Molinari sembra in questi giorni divorato dall’irrefrenabile voglia di piazzare mine sul cammino della nuova maggioranza.

Ma procediamo per ordine. E vediamo innanzi tutto come e perché, almeno nel primo periodo, il governo Meloni non dovrebbe attendersi “lotta dura senza paura” da parte della sinistra sindacale. Arringando la gente della Cgil riunita nella romana piazza del Popolo, Landini ha lanciato un messaggio di attesa: «C’è un risultato elettorale chiaro: la coalizione di centrodestra ha la maggioranza e il diritto-dovere di governare. E noi giudicheremo, come sempre, i governi per quello che fanno». Lo stesso concetto è stato ribadito dal segretario della Cgil in una intervista al “Corriere della Sera”.

L’erede di Luciano Lama e Sergio Cofferati non intende insomma fare opposizione preconcetta al governo di centrodestra guidato dalla Meloni. E questa è già una notizia. Perché le parole del leader sindacale stanno a significare che la sinistra sociale ha superato oggi, almeno nei confronti della destra, la mentalità ideologica della lotta di classe, badando piuttosto ai contenuti della politica economica prossima ventura. Con la crisi sociale incombente, non c’è del resto molto da scherzare.

Tutto dipenderà naturalmente da quello che farà il prossimo governo. Intanto Landini manda a dire alla Meloni che «la Cgil non ha pregiudizi, ma il sindacato vuole essere ascoltato prima che vengano prese decisioni». Speriamo che la premier in pectore tenga conto di queste richieste e che non si lasci condizionare più di tanto dai settori più estremisti (leggi “oltranzismo padronale”) di Confindustria. Staremo a vedere.

Il giornale-partito de “la Repubblica” non sente invece ragioni, anche a costo di prestarsi a torbide manovre contro l’Italia, come accaduto nel caso delle dichiarazioni incendiarie della ministra francese per gli Affari europei, Lorence Boone, la quale ha dichiarato che Parigi «vigilerà» su Roma riguardo al rispetto dei «valori dello Stato di diritto». Guarda caso, le irritanti parole delle Boone sono arrivate proprio da una intervista a “la Repubblica”.

Un semplice caso giornalistico come ne accadono tutti i giorni? Un brutto scherzo causato da una smodata voglia di scoop? In realtà si tratta di un episodio perfettamente incastonato nella furibonda campagna anti-meloniana scatenata dal giornale diretto da Molinari dal 25 settembre in poi. Il giorno dopo l’intervista con la Boone, “la Repubblica” piazza un’altra polpetta avvelenata. In un servizio pubblicato sul vertice Ue di Praga, si legge che i leader europei hanno subissato Mario Draghi di domande «preoccupate» sul governo Meloni. Lo stesso Draghi è stato subito dopo costretto a smentire, precisando che in realtà s’è trattato di semplice «curiosità». Il premier ha “minimizzato”? Certo è che ci troviamo di fronte a una “precisazione” di cui non si sentiva davvero il bisogno.

L’ultima mina il quotidiano fondato da Scalfari l’ha depositata a proposito del videomessaggio della Meloni a Vox. Per “la Repubblica” la premier in pectore «riabbraccia» la destra di Vox. Di ben diverso tenore il titolo del “Corriere”: «Meloni, l’Europa e l’invito al coraggio. “Non siamo mostri”».

Perché tanto livore? Perché il giornale di Molinari punta a fare da punto di riferimento per il popolo disperso degli oppositori al centrodestra di governo? Al netto delle scelte di politica editoriale (compreso l’eventuale interesse economico degli editori del quotidiano a fare fuoco di sbarramento preventivo contro l’esecutivo in gestazione), al netto di tutto ciò, è evidente che l’opposizione preconcetta de “la Repubblica” reca una segno “storico”, quello dell’odio viscerale che certa borghesia “illuminata” nutre da sempre verso la destra italiana, soprattutto quella di derivazione post-missina e cattolica. È la borghesia, per  intenderci, che oggi si riconosce in personaggi come la pasionaria vicepresidente dell’Emilia Romagna, Elly Schlein, tipico esponente della sinistra di «lobby e di potere», come sarcasticamente l’ha definita “il Giornale”.

È sintomatico il fatto che, a dispetto de “la Repubblica”, Maurizio Landini abbia un atteggiamento cauto e attendista sul nuovo governo. La sinistra sociale della Cgil teme l’inverno rigido che potrebbe arrivare. E pensa innanzi tutto a come potranno trovarsi tra qualche mese i lavoratori e i pensionati. Alla sinistra borghese della Schlein non sembra invece importare granché del possibile freddo nelle abitazioni dei poveri, perché sa che, comunque vada, nelle sue case (e nei suoi salotti) farà sempre caldo.

Fonte:

Di BasNews

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito web utilizza i cookie per migliorare la facilità d'uso. Se utilizzi il sito accetti l'utilizzo dei cookie.