Tornando da una piccola scorribanda ho scoperto di avere evitato il “natale di Roma” città che domenica scorsa ha compiuto 2777 anni. Ed ecco la sintesi delle manifestazioni tratta da un quotidiano online:  è stato allestito un market con creazioni realizzate da artigiani e designer dove sono stati presentati oggetti di luxury vintage in una location particolarmente affascinante; ed è stato rappresentato all’Auditorium Conciliazione il Broadway Celebration (una roba proprio in tema ndr). Inoltre è stata preparata una nuova edizione del Music Day in perfetta coincidenza con il Record Store Day, si è svolto  il Tiburtino TTS Street Food espresso da una brigata selezionata di 30 street chef assieme al Vintage Market al San Paolo District  dove c’erano  un’area food & beverage e un’area arcade. Alla festa si è unita anche il Pomezia Chocolate. Il quotidiano in questione non era Roma oggi, ma Roma today ovviamente.

Il problema è che noi viviamo in un Paese e più in generale in un continente che da oltre mezzo secolo reagisce al proprio declino, non attraverso nuove idee e una nuova determinazione, ma  cercando di acquisire l’identità del proprio padrone: dunque ha rinunciato a chiamare le cose in maniera propria e all’evoluzione linguistica, usando le parole del “dominus” secondo una logica che possiamo facilmente vedere in atto lungo tutta la storia. Prima sono i ceti bassi, nel nostro mondo il sottoproletariato urbano, ad adottare il gergo padronale, poi via via la piccola borghesia, quella media e infine anche i cosiddetti intellettuali da cui non discende più nulla, ma che invece elaborano simbioticamente questa sostanza di scarto con i risultati che i Paesi neo coloniali non producono più letteratura, musica, arte, scienza, vivono dentro un circuito imitativo di basso livello. Il vero problema è che tutto questo arriva al tramonto del padrone americano stesso che sta perdendo man mano la sua identità e lo dimostra visibilmente inventando giorno per giorno un’ideologia che tende da una parte a creare sempre nuove identità come in un gioco di prestigio e dall’altra a negarle, annegando tutto in una sorta di normalità universale.

Cosa significhi essere americano oggi è qualcosa di molto contraddittorio e di certo non indica più le cose che dovrebbe indicare. Anzi a dire la verità le cose accadute negli ultimi anni fanno concretamente sospettare che essere americano non abbia mai veramente significato ciò che dovrebbe nei termini ideali che gli americani stessi professano come fondamento della loro identità. Essi si trovano faccia a faccia con la questione della conoscenza di se stessi attraverso i fatti scioccanti che si sono e stanno verificando: la creazione di un virus e della relativa pandemia che lascia una terribile eredità di morti, l’unitile e gigantesca mattanza in Ucraina e infine la strage di civili, donne e bambini nella striscia di Gaza che è sponsorizzata, armata, pagata dagli Usa e dall’Occidente in generale. Le ultime analisi sull’attacco iraniano su Israele, peraltro puramente dimostrativo, mostrano che gli abbattimenti anche dei droni più lenti sono di fatto stati effettuati dagli Stati Uniti e che il sistema Iron Dome si è dimostrato inutile. Dunque il governo sionista e stragista di Netanyahu vive soltanto per volontà statunitense e occidentale.

Dunque gli americani stanno lentamente scoprendo di non essere ciò che credevano di essere: figurarsi allora qual è la condizione di totale decadimento di chi ha scambiato l’evoluzione con l’imitazione. È qualcosa di molto vicino al concetto di nulla: si fanno le solite cose come se nulla stesse accadendo e si dicono le solite cose, si reggono i soliti moccoli pseudo ideologici fingendo di non accorgersi della depravazione etica cui si sta andando incontro o mascherandola con qualche miserabile acrobazia dialettica. In parecchi Paesi ormai chi dice che un uomo non è una donna rischia la galera, ma poi si collabora  attivamente alla strage di uomini e donne. Così come il padrone invochiamo l’inclusività, ma poi si nega che enormi Paesi come Russia e Cina possano offrire quanto meno nuove prospettive sulle sfide che l’umanità dovrà affrontare, rimanendo dentro la stupida concezione della superiorità occidentale che per chi ha scelto di rimanere servo è come uno stupefacente. Ma nemmeno di questo ci si accorge, nemmeno della droga che sniffiamo a forza di day e di parole che finiscono in ing, il lasciapassare per un’era di disumanizzazione che ormai recita la sua terribile parte mentre facciamo finta di avere gli stessi ideali dell’Illuminismo, ovvero il primato della ragione, l’emancipazione individuale, la diffusione della conoscenza, la tolleranza, il diritto di ciascuno di noi alla libertà di pensiero e di espressione. E tutto questo nel modo in cui il servo imita il padrone: senza credere davvero in nulla.

fonte:

Di BasNews

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