di Aldo Di Lello

Nel giro di una manciata di giorni, i conservatori europei hanno raggiunto due traguardi che fanno invidia ai progressisti.

In Italia, la prima donna presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, appartiene alla famiglia dei conservatori europei, essendone presidente del gruppo al Parlamento di Strasburgo. Appena 48 dopo, in Gran Bretagna, i conservatori hanno raggiunto un altro storico traguardo: la prima volta di un premier non bianco. Si tratta di Rishi Sunak, figlio di immigrati indiani. È stato Cancelliere dello Scacchiere nel governo di Boris Johnson ed è uno dei giovani leoni dei Tories (è nato nel 1980).

Semplice casualità? Può darsi, ma certo ci troviamo di fronte a due fatti dall’elevato valore simbolico. E due fatti che smentiscono lo stereotipo di una destra razzista e sessista, nonché timorosa delle innovazioni.

Ma, al di là dei fattori contingenti, ci sono ragioni più profonde, spiegabili solo in termini di filosofia politica. Potremmo semplificare al massimo affermando che i progressisti fanno del cambiamento sociale un dogma mentre i conservatori ne fanno un dato di realtà. Quindi, semplificando ulteriormente, ci verrebbe da dire che i conservatori badano al sodo e ai risultati, mentre i progressisti sono più interessati alle questioni di principio.

La base ideale del progressismo è edificare un mondo nuovo. L’ideale del  conservatorismo è migliorare il mondo che c’è. La differenza filosofica fondamentale tra i due campi è che gli uni, i progressisti, guardano al mondo cercando la leva giusta per modificarlo: per gli illuministi questa leva era la Ragione, per i marxisti erano la “struttura” economica e la lotta di classe, per i progressisti-tecnocratici di oggi è la libertà assoluta di rifare il mondo a partire dallo stravolgimento della natura dell’uomo, della sua famiglia e persino della sua identità sessuale. Ciascuno avrebbe il diritto di diventare quello che vuole diventare.

Gli altri invece, i conservatori,  guardano alla realtà integrale dell’uomo e si battono per difenderla. Uno dei padri teorici del conservatorismo contemporaneo, Barry Goldwater, ha scritto che i conservatori «contemplano l’uomo intero», mentre i progressisti  «tendono a guardare soltanto il lato materiale della vita umana». Vale la pena di precisare che Goldwater esprimeva questi concetti negli anni Sessanta del ‘900 e, a quell’epoca. la sinistra tendeva a essere materialista e marxista. Oggi invece è post-materialista, post-moderna e, in definitiva, post-umana.

Questa differenza filosofico-ideologica la si può scorgere anche nelle polemiche minime del dibattito pubblico italiano, come quando ad esempio Laura Boldrini attacca la Meloni per non volersi far chiamare “la” presidente del Consiglio, bensì “il” presidente inteso come neutro di genere. Alla ex presidente della Camera non sembra interessare il traguardo storico della prima donna italiana che diviene presidente del Consiglio ma l’articolo (il o la) che ne definisce l’identità di genere. Non è semplice nominalismo, ma il risultato di una visione politico-ideologica, in base alla quale è più importante sancire un principio astratto che raggiungere un risultato concreto.

La differenza tra la Boldrini e la Meloni è la stessa che passa tra gli esponenti del progressismo anglosassone e Rishi Sunak. I sostenitori del neopremier britannico lo definiscono un «pragmatico dei princìpi», guidato dalle sue idee, ma pronto a adattarle alla realtà. Va detto con onestà che non ci troviamo di fronte a un campione del pensiero politico. È un uomo ricchissimo e un perfetto rappresentante dell’élite globalista. Non per niente ha fatto i soldi nel mondo della speculazione finanziaria. Ma non è nemmeno un fanatico dell’ideologismo liberista e presenta un profilo nettamente opposto a quello di colei che lo ha preceduto al numero 10 di Downing Street: Liz Truss, che è andata a sfracellarsi contro un muro di ostilità quando le è venuto in mente di ridurre le tasse ai ricchi per seguire il modello ideologico del liberismo allo stato puro. Sunak appartiene in fondo allo stesso mondo di George Soros, con la differenza che non pretende di rifare il mondo e che agisce alla luce del sole, senza premere sul pedale delle influenze lobbistiche.

La realtà, per i conservatori europei, va certo migliorata, ma la verità naturale va sempre rispettata. Mai, né a Roma né a Londra né in qualsiasi altra capitale della vecchia Europa, a un conservatore si potrebbe mai applicare  la vecchia battura satirica adatta a descrivere i fautori dell’utopismo rivoluzionario: «Se la realtà non corrisponde all’ideologia, tanto peggio per la realtà». È questo che fa la differenza. E scusate se è poco.

Fonte:

Di BasNews

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