L’incredibile concentrazione di bombe su Gaza. Stati Uniti: i fatti contraddicono le parole. La bomba termobarica all’ospedale battista di Al-Ahli.
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi si recherà nella capitale saudita, Riyadh, il 13 novembre per discutere della guerra di Gaza. In quella data è stata indetta la riunione dell’Organizzazione per cooperazione islamica, presenti tutti i leader dei Paesi arabi, chiamati ad affrontare il conflitto in corso. Così la prima visita ufficiale in Arabia Saudita del presidente iraniano sarà dedicato alla guerra di Gaza, sempre che la si voglia chiamare guerra e non mattanza.
Riportiamo da The Cradle: “La portata del bombardamento israeliano è simile alle campagne aeree di Washington in Vietnam, Corea e Cambogia e dei primi giorni dell’invasione irachena ‘Shock and Awe’. Questo livello di bombardamento distruttivo è storicamente senza precedenti dal momento che si concentra su un’area geografica di soli 365 chilometri quadrati”.
“Per descrivere la situazione con più precisione, le bombe sganciate da Israele sulla Striscia di Gaza superano per potenza la bomba nucleare con cui gli Stati Uniti colpirono la città giapponese di Hiroshima durante la Seconda guerra mondiale. Nelle ultime settimane, Gaza ha sopportato il peso di 25.000 tonnellate di esplosivo rispetto alle 15.000 tonnellate della bomba di Hiroshima, secondo l’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor”.
“Oltre 10.000 civili – tra cui 4.000 bambini – sono stati uccisi dall’indiscriminata potenza di fuoco israeliana. Sotto le macerie risultano dispersi altri 2.200 palestinesi, metà dei quali sono bambini”. Inutile aggiungere che scarseggia acqua, carburante e cibo (anche i panifici sono stati bombardati, rimandiamo a un video alquanto crudo, ma di interesse).
Stati Uniti: i fatti contraddicono le parole
“Nonostante tutto ciò, i funzionari statunitensi affermano pubblicamente che i loro alleati a Tel Aviv sono stati attenti a non causare vittime civili e che essi continuano ad avvertire Israele dall’infliggere ulteriori morti civili a Gaza”.
“Ma le azioni parlano più forte delle parole, e i comportamenti di Washington sono clamorosamente a sostegno dell’escalation della violenza. Ad oggi, nonostante la brillante dimostrazione di diplomazia regionale da parte del Segretario di Stato americano Antony Blinken lo scorso fine settimana, gli Stati Uniti si rifiutano di concludere un accordo di cessate il fuoco. Washington ha anche convinto i suoi alleati arabi ad accettare la prosecuzione della guerra – per ora” (da notare che Erdogan non lo ha voluto incontrare…).
“[…] La leadership israeliana ha dichiarato che la sua guerra contro Gaza sarà lunga e che non ha intenzione di concludere un accordo sul cessate il fuoco. Fornendo una copertura totale alle atrocità israeliane, gli Stati Uniti hanno innescato un’escalation di attacchi da parte dell’Asse della Resistenza su vari fronti, secondo la conferma di fonti dell’Asse” [per asse della resistenza si intende Hezbollah libanese, milizie sciite irachene e gli Houti yemeniti, oltre che Teheran e, pur defilata, la Siria ndr].
“La possibilità che la guerra si espanda su altri fronti contro le basi e gli interessi militari statunitensi aumenta in modo esponenziale. Il rafforzamento militare di Washington nell’Asia occidentale è un incentivo ad alimentare la guerra, piuttosto che il ‘deterrente’ che secondo gli americani impedirà l’espansione del conflitto”.
Riportiamo da Politico: “Lo staff del Dipartimento di Stato ha criticato aspramente la gestione della guerra tra Israele e Hamas da parte dell’amministrazione Biden in una nota di dissenso ottenuta da POLITICO, sostenendo che, tra le altre cose, gli Stati Uniti dovrebbero essere disposti a criticare pubblicamente gli israeliani”.
La bomba termobarica all’ospedale battista di Al-Ahli
Infine, suggeriamo la lettura di un’analisi pubblicata su al Mayadeen sull’esplosione che ha devastato l’ospedale battista di Al-Ahli, che ha causato un numero di vittime esorbitante, almeno 500 secondo al Jazeera.
In un primo tempo fu accusata Israele, ma subito Tel Aviv ha attribuito l’esplosione a un errore di tiro da parte della Jihad islamica. Ma le prove presentate dall’esercito israeliano sono state poi smentite, sia il video che altro. Eppure, la responsabilità è rimasta incerta (almeno per i media mainstream).
Ciò anche causa “dell’assenza di resti del vettore o di schegge dalla scena” (CNN), che ha impedito sia agli israeliani di attribuire con certezza la responsabilità ai palestinesi sia a questi di rinvenire la pistola fumante che inchiodasse la controparte.
Su al Mayadeen, appunto, un’analisi più che interessante dell’ingegnere Maher Osseiran, che evitiamo di sintetizzare per non sminuirne il valore, rimandando gli interessati a leggere l’integrale del suo articolo. Fonte di parte, ovviamente, ma come leggiamo e riprendiamo fonti di parte israeliana e americana quando interessanti, facciamo lo stesso con l’altra parte.
Analisi convincente, quella di Osseiran, che confronta le esplosioni degli ordigni palestinesi con quelle molto più potenti dei proiettili israeliani, ma soprattutto che spiega perché non si siano trovati i resti del proiettile. La sua analisi, che non riportiamo nel dettaglio, indica che a produrre quella distruzione è stata una bomba termobarica, che ovviamente non è in dotazione ai palestinesi. Invitiamo a leggere il suo articolo cliccando qui.
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