di Fabio Torriero

La mia non è una critica alla persona di Stefania Battistini.

Lei, come professionista, come inviata, giustamente ben retribuita per il lavoro pericoloso che svolge, ha tutto il diritto di dire legittimamente la sua, di interpretare, narrare unilateralmente la guerra in Ucraina. Analizzarla, cioè, come vuole, come pensa, o secondo le direttive della linea editoriale Rai che poi, in questo momento, corrispondono totalmente al pensiero unico europeista ed atlantista.
Come dire, da una parte il bene, dall’altra il male; da una parte il buono, dall’altra il cattivo; da una parte l’amico, dall’altra il nemico assoluto.

Il tema però, è il servizio pubblico, almeno quel che ne resta, e la sua mission istituzionale di assicurare, fornire una informazione corretta e obiettiva, senza schierarsi, indottrinare, formare, eterodirigere l’opinione pubblica.
Uno sforamento che abbiamo già visto col Covid e la relativa battaglia vaccinale. Quello di cui, al contrario, hanno bisogno i cittadini, se non della verità, il che sarebbe comunque auspicabile, è di una spiegazione oggettiva dei fatti che non sia il risultato di una militanza o di una appartenenza ideologica; oppure di domande che già contengono la risposta e che danno per scontate versioni da dimostrare.
D’accordo, raccontare una guerra è estremamente complesso e difficile. I giornalisti, i politici, gli intellettuali hanno a che fare, unicamente con la propaganda e la manipolazione quotidiana da parte dei rispettivi contendenti.

Ed ecco che ad esempio, un’invasione di uno Stato nient’affatto sovrano, ma venduto e svenduto da decenni all’Occidente (non è più padrone di nulla, della moneta, dell’economia, delle fonti energetiche, delle infrastrutture), diventa “operazione speciale”. Ed ecco che una sconfitta militare sul campo, come la fantomatica, enfaticamente annunciata urbi et orbi, controffensiva di Kiev, si trasforma mediaticamente in “riposizionamento strategico o diversificazione dell’attacco”.

Come uscirne? Consigli per gli acquisti: citare puntualmente le fonti, riportare le affermazioni col condizionale, non dare per scontati i numeri veicolati dagli opposti versanti e uffici stampa. E soprattutto non accettare regali o premi da uno dei due Stati in guerra. Come purtroppo è accaduto.

Stefania Battistini è stata incoronata da Zelensky. Con queste motivazioni: “Per un significativo contributo personale al rafforzamento della cooperazione interstatale, al sostegno della sovranità statale e all’integrità territoriale dell’Ucraina, alla divulgazione dello Stato ucraino nel mondo”. E come si legge nel decreto, tra gli insigniti dell’Ordine del Principe Yaroslav il Saggio, II grado, figurano l’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini e il sindaco di Firenze, Dario Nardella; per l’Ordine al Merito di III grado, il direttore di “La Repubblica”, Maurizio Molinari e Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, e appunto, Stefania Battistini per l’Ordine della Principessa Olga di III grado; lo stesso consegnato in passato da Zelensky alla speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi.

Se uniamo i nomi dei premiati non possiamo non notare che risultano organici al medesimo mondo, allo stesso pensiero unico. Ben inteso, ognuno deve essere libero.
Ma il servizio pubblico non è un optional, presuppone indipendenza e obiettività. Condizioni indispensabili per essere credibili e affidabili.
E talvolta la non obiettività si declina senza bisogno di commenti giornalistici ai reportage troppo di parte, evidentemente e sfacciatamente schierati. Ma nella spettacolarizzazione della guerra, nelle storie romanzate e montate ad arte degli intervistati secondo il messaggio che deve passare per forza. Anche a costo di acquisire alla causa di Kiev pure i cani che girano per strada o che stanno nelle vicinanze dei soldati, purché indossino la bandiera ucraina.
Ingredienti che puntualmente ritroviamo a ogni Tg1 (e non solo), quello delle 20,00.

fonte:

Di BasNews

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