Quando si parla dei tanti “figli illustri della Basilicata” che, nelle varie epoche storiche passate, si sono particolarmente distinti in svariati ambiti portando orgogliosamente in alto il nome di questa umile e a volte poco conosciuta Terra, tra i nomi più “celebri” spiccano indubbiamente su tutti quelli degli ormai comunemente noti Quinto Orazio Flacco, Gesualdo da Venosa, Leonardo Sinisgalli, Giustino Fortunato, Francesco Saverio Nitti, Rocco Scotellaro, Michele Granata, Mario Pagano, Emanuele Gianturco, Onofrio Tataranni, Silvio Spaventa Filippi, Francesco Lomonaco e qualche altro nome.

Tra tutti questi nomi di varie personalità illustri che hanno contribuito a portare alto il nome della Basilicata su scala nazionale ed oltre, sfuggono indubbiamente tanti altri nomi di personalità di rilievo che si sono brillantemente distinte in vari settori ma le cui storie di vita sono poco note o, peggio ancora, completamente
dimenticate forse perché nessuno ha mai cercato concretamente di approfondire, divulgare e far conoscere la storia e l’operato professionale profuso in vita terrena da queste personalità.

Tra le tante storie di “personalità illustri dimenticate” spicca senza dubbio la storia di un lucano, originario proprio della zona del Vulture ed esattamente del piccolo e suggestivo borgo arbereshe di Barile che, purtroppo, è stato dimenticato in maniera a dir poco ingenerosa sia dalla Basilicata e sia dal suo paese natio in cui davvero in pochissimi, soprattutto tra le giovani generazioni, conoscono la sua storia ed il suo prestigiosissimo curriculum professionale.

Stiamo parlando del lucano Emanuele De Francesco, come già detto nativo di Barile, che nella sua lunga e prestigiosa carriera professionale a servizio dello Stato fu poliziotto, funzionario di pubblica sicurezza, Prefetto e Alto Commissario di Coordinamento della Lotta contro la Delinquenza Mafiosa e, sulla cui storia, ci soffermeremo in maniera molto precisa e dettagliata nelle righe che seguono.

Emanuele De Francesco nasce a Barile il 10 Luglio 1921 e, all’età di 22 anni nel 1943, si arruola nell’allora Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza (oggi Polizia di Stato) distinguendosi positivamente nella lotta al banditismo nella “calda” zona campana dell’Irpinia partecipando, con il grado di Vice Commissario nel 1945, ad una concreta operazione di repressione che gli valse l’importante conferimento della Medaglia d’Argento al Valor Militare nel 1947.
Proseguì brillantemente la sua carriera nel Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza divenendo in seguito Commissario per poi conseguire, nel 1964, il grado di Vice Questore con assegnazione presso la Questura di Palermo ed in seguito, nel 1973, viene promosso al grado di Questore prestando servizio prima a Cosenza nel 1973 e poi, nel successivo anno 1974, a Catania dove rimase fino al 1977.
Proprio nei tre anni di servizio alla guida della Questura della città etnea si distinse in modo particolare per la fondazione, nel 1974, del tutt’ora esistente nucleo dei Falchi della Polizia di Stato che, ad oggi, è presente nelle città italiane di Catania, Roma, Bari Milano, Palermo, Napoli, Firenze, Cagliari, Caserta, Livorno, Foggia e Taranto ed è preposto esclusivamente ed in maniera specifica alla repressione dei crimini da strada.

Nel 1977 viene nominato Questore di Roma e, nel successivo anno 1978, fu tra gli investigatori di spicco impegnati nelle indagini sul sequestro di Aldo Moro mentre nel 1979 venne nominato Capo della Criminalpol.
Poche settimane dopo dalla nomina alla guida della Criminalpol viene nominato Prefetto e inviato a Torino per coordinare le operazioni di lotta contro il terrorismo “rosso” che, nel capoluogo piemontese, aveva la sua principale e più importante “base operativa” presente in Italia.
Nel 1980 gli fu conferita l’importantissima onorificenza di Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
I risultati importanti ottenuti nella lotta al terrorismo nel ruolo di Prefetto di Torino gli valsero, nel Luglio 1981, la nomina alla direzione del SISDE (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica) mentre nel Febbraio 1982, lo stesso De Francesco, chiamò con sé a Roma l’ex Capo della Squadra Mobile di Palermo Bruno Contrada affidandogli l’importante ruolo di responsabile SISDE per la Sicilia.
Nello stesso anno, con decreto firmato dal Governo Spadolini II in data 6 Settembre 1982, a De Francesco venne affidata la carica, tralatro appena istituita, di Alto Commissario per il Coordinamento della Lotta contro la Delinquenza Mafiosa
e contestualmente a questo incarico, in data 7 Settembre 1982, fu nominato anche Prefetto di Palermo chiamato così a ricoprire il posto lasciato vuoto da Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso in un agguato mafioso avvenuto in Via Carini a Palermo la sera del 3 Settembre 1982.
Nel ruolo di Prefetto di Palermo, oltre a mantenere contemporaneamente anche l’incarico di direttore dell’intelligence civile,
De Francesco continuò in maniera proficua il lavoro iniziato dal suo predecessore Dalla Chiesa e istituì, fin da subito, una nuova ed efficace struttura organizzativa per combattere Cosa Nostra costituendo, presso la Prefettura palermitana, l’Uffico Misure di Prevenzione (il primo in Italia) impegnato attivamente negli accertamenti e nella confisca dei beni mafiosi e, nel frattempo, affidò a Bruno Contrada l’incarico di Capo di Gabinetto dell’Alto Commissariato.
Sempre nel 1982 a Di Francesco venne conferita anche l’onoreficenza di Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
De Francesco, durante la sua costante “missione” profusa nella lotta alla Mafia, affermò spesso e con elevata convinzione la notevole importanza dei “pentiti” (oggi comunemente chiamati collaboratori di giustizia) nel contrasto alla lotta contro la mafia e, nonostante questa sua dichiarazione destò notevole clamore, la teoria da lui affermata in merito a ciò si rilevò azzeccata e con il tutto chiaramente dimostrato dalle rivelazioni dei “pentiti di mafia” Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno che rivelarono informazioni importanti sulla “struttura” di Cosa Nostra che portarono alla famosa operazione antimafia ribattezzata con il nome di “blitz di San Michele” che, il 29 Settembre 1984, portò all’arresto di ben 360 persone tra cui anche nomi eccellenti di gente insospettabile e appartenente ai “poteri forti” come l’ex Sindaco di Palermo Vito Ciancimino ed i potenti esattori siciliani Nino ed Ignazio Salvo.
Proprio in quel periodo di grande impegno nella lotta alla mafia, De Francesco affermava come, in quel periodo, la mancanza di capi carismatici ai vertici della “cupola” di Cosa Nostra avrebbe aumentato maggiormente i contrasti tra i vari clan che, letteralmente allo sbando, si combattevano tra loro frontalmente, senza mezze misure generando “guerre di mafia” lunghe e sanguinarie.
In merito a questo, al tempo stesso, Di Francesco era fermamente convinto che i tanti successi ottenuti dallo Stato Italiano nella lotta alla repressione della criminalità organizzata erano conseguenza dell’opera coesa tra Magistratura e Forze dell’Ordine attraverso i riscontri e la rilettura delle tante documentazioni in possesso della vecchia Commissione Antimafia.
Il 31 Ottobre 1983 lasciò il suo incarico di Prefetto di Palermo venendo sostituito da Antonio Basso mentre nel Marzo 1984 lasciò la direzione dell’intelligence civile sostituito dal futuro capo della Polizia di Stato Vincenzo Parisi.
Il 22 Marzo 1985, dopo tre anni alla guida dell’Alto Commissariato di Coordinamento della Lotta contro la Delinquenza Mafiosa, su sua esplicita richiesta personale lasciò l’incarico sostituito dal Prefetto Riccardo Boccia.
Sempre nel 1985, De Francesco, ottenne anche l’onoreficenza di Medaglia d’Oro ai Benemeriti della Scuola della Cultura e dell’Arte.
Successivamente alla cessazione del suo incarico alla guida dell’Alto Commissariato di Coordinamento della Lotta contro la Delinquenza Mafiosa venne nominato contemporaneamente Consigliere della Corte dei Conti e Commissario di Governo per la Regione Calabria mentre nel 1992 divenne Cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro.
Dopo il pensionamento trascorse gli ultimi anni della sua vita, assieme alla sua famiglia, nella piccola cittadina calabrese di Decollatura, in provincia di Catanzaro, dove si spense il 10 Novembre 2011 all’età di 90 anni.

Una personalità di grande rilievo che ha servito lo Stato Italiano con grandissimo spirito di servizio e dedizione al dovere prodigandosi in maniera esemplare a difesa della propria Patria nella lotta contro quelli che sono considerati da sempre come i due mali peggiori di tutta la storia della Repubblica Italiana ovvero il terrorismo e la criminalità organizzata e, proprio in merito a questo, va precisato chiaramente che, se lo Stato Italiano è riuscito a vincere questa difficile battaglia il merito va ascritto indubbiamente a tantissime persone coraggiose come è stato appunto Emanuele De Francesco che, con spiccato senso di giustizia e coraggio, hanno permesso al bene di trionfare sul male.

A distanza di 12 anni dalla sua dipartita ciò che francamente rattrista molto sta nel fatto che questa grande personalità, quale è stata Emanuele De Francesco, sia stata completamente dimenticata dalla Basilicata e soprattutto da Barile, suo paese natio, dove in pochi conoscono la sua storia e dove nel corso degli anni non è stato mai organizzato nulla per ricordare a dovere la figura di questo grande servitore dello Stato ed onorarne così la sua memoria.

Ci auguriamo che questo articolo possa smuovere subito le coscienze di molti affinché, in un futuro si spera non troppo lontano, la comunità di Barile, del Vulture e della Basilicata possa tributare alla memoria di questa

grande personalità tutti gli onori che merita.

Francesco Preziuso

Di BasNews

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito web utilizza i cookie per migliorare la facilità d'uso. Se utilizzi il sito accetti l'utilizzo dei cookie.