- Antonio Di Siena
Era iniziata con la pandemia, proseguita con le tensioni con la Turchia di Erdogan, la guerra in Ucraina e le conseguenti crisi energetica e inflazionistica. Era stata infangata dallo scandalo pedofilia prima – che ha coinvolto i bambini rifugiati nei campi profughi e il mondo dello spettacolo, sconvolgendo la politica greca – e dallo scandalo intercettazioni poi, con l’intera alta società ellenica (politici, uomini d’affari, giornalisti, vertici militari) spiata e intercettata dai servizi segreti posti sotto la diretta supervisione del Primo ministro Kyriakos Mitsotakis. E drammaticamente conclusasi con il disastro ferroviario di Larissa e i suoi 57 morti. Una legislatura eccezionale quella appena terminata in Grecia quindi, che non poteva non finire con un risultato assolutamente sorprendente e per certi versi memorabile: per la prima volta nella storia democratica moderna, infatti, la cartina elettorale della Grecia è completamente dipinta di blu. Unica eccezione il collegio elettorale di Rodopi, piccola ed estrema periferia nord-est del Paese. Una macchiolina rosso pallido in uno sconfinato mare blu come l’Egeo, che ha sommerso anche l’intera isola di Creta, storico e inespugnabile fortino della sinistra.
A spoglio ultimato le percentuali sono emblematiche: il partito del premier uscente, Nuova Democrazia, ottiene una vittoria schiacciante (40%), guadagnando il doppio dei voti – e dei seggi – di SYRIZA (20%).
Terzo il PASOK, che risorge con un sorprendente 11,5%. Seguito dal KKE, il partito comunista, che si rafforza con un dignitosissimo 7%. Ultimi a entrare in Parlamento gli euroscettici di destra di “Soluzione greca” con il 4,5%, dato in crescita rispetto al passato. Fuori MeRa25 di Yannis Varoufakis che non supera lo sbarramento del 3% previsto dalla nuova legge elettorale. Un sistema proporzionale puro, ironia della sorte, fortemente voluto dal vecchio governo Tsipras (ma entrato in vigore con un’elezione di ritardo come previsto dalla normativa ellenica in materia di riforme non approvate con la maggioranza qualificata dei due terzi). E che finisce per travolgere sia il leader che l’intero partito.
Perché se Kyriakos Mitsotakis è certamente il vincitore di una tornata elettorale in cui i greci sono ritornati convintamente alle urne (60% di affluenza, dato più alto dal gennaio 2015) per chiedere continuità e governabilità, Alexis Tsipras è sicuramente il grande sconfitto. SYRIZA perde il 12% di consensi in quattro anni, un vero e proprio tracollo che, tra le altre cose, lascia senza seggio tanti alti dirigenti ed ex parlamentari. Una sconfitta che un deputato ha definito “scioccante” anticipando una prossima, violenta e certissima resa dei conti interna, che potrebbe anche dilaniare definitivamente il partito. Dai primi dati emerge chiaramente come giovani, agricoltori e fasce popolari – che tanta energia propulsiva avevano garantito in passato – hanno abbandonato speranze, militanza e sostegno elettorale alla “coalizione della sinistra radicale”.
Dipendenti pubblici e liberi professionisti, il cui apporto aveva in passato consentito di trasformare SYRIZA in un partito maggioritario e di massa, sono semplicemente tornati all’ovile. Contribuendo a una vera e propria resurrezione politica: la rinascita del PASOK, il vecchio partito socialdemocratico ed europeista che proprio l’ondata di SYRIZA aveva cancellato dalla storia politica greca (tanto dal costringerlo con ignominia a cambiar nome in KINAL per più di qualche anno). Consensi aumentati del 40% rispetto al 2019 che proiettano il partito guidato da Nikos Androulakis al ruolo di principale oppositore di Nuova Democrazia.
Scenari
Il voto di ieri certifica che, nonostante le crisi e gli scandali, Nuova Democrazia ha l’approvazione assoluta dei greci i quali, stanchi di traballanti e litigiosi governi di coalizione, vogliono vederla governare in modo forte e indipendente. Ma nonostante la vittoria imponente, non basterà. Alla maggioranza assoluta necessaria all’autosufficienza (151 deputati) mancano all’appello 5 seggi, quanto basta per trasformare un partito forte di un mandato elettorale chiarissimo in un governo debole, ricattabile e dipendente dal sostegno esterno. Scenario verso il quale lo scaltro Mitsotakis si è già detto indisponibile. Per questo, nonostante il mandato esplorativo che la presidente della Repubblica Sakellaropoulou certamente assegnerà, questa tornata elettorale si concluderà con un nulla di fatto e i greci torneranno alle urne entro il 2 luglio. Molto probabilmente il 25 giugno.
Una prospettiva ottimale per Nuova Democrazia che avrà dalla sua il ritorno di un sistema elettorale proporzionale rafforzato, con bonus di 40 seggi in dote al partito di maggioranza relativa. E la ghiotta opportunità di ridimensionare contemporaneamente sia il ruolo di SYRIZA che delle opposizioni “da destra”, finendo per dominare politicamente la Grecia.
Guardando a tutto questo dal nostro Paese, emerge ancora una volta con chiarezza come i trend politici di Grecia e Italia viaggino sostanzialmente sullo stesso binario. Le forze presuntamente “anti-sistema” – quelle che in passato hanno goduto di ampio consenso di massa – se incapaci di incidere concretamente, perdono credibilità e si sgonfiano fino a diventare sempre più irrilevanti. Principalmente a causa della loro ambiguità e incapacità (o mancanza di volontà..) di trasformare in azione politica reale una radicalità programmatica demagogica buona unicamente per far incetta di consensi tra i più ingenui. Una normalizzazione, e vale tanto per SYRIZA quanto per Lega e Movimento 5 Stelle, che spalanca le porte al prepotente ritorno del bipolarismo. Certificato per quanto riguarda la Grecia, da un dato assolutamente emblematico: a distanza di tredici anni dallo scoppio della catastrofica crisi economica, i partiti che sembrano godere di migliore salute sono, nonostante tutto, Nuova Democrazia e PASOK. Gli stessi che quella crisi hanno prima contribuito a creare e poi esacerbato con la cieca e pedissequa obbedienza ai diktat della Troika. Come se non fosse mai successo niente. Come se, difronte a profonda delusione e condizioni di vita sempre peggiori, i popoli preferiscano il lento agonizzare al continuare a immaginare e lottare per una vera alternativa sistemica.
Ne discende un’amara quanto necessaria verità. La gabbia in cui hanno intrappolato i cittadini del Sud Europa non è soltanto solida, ma anche molto sofisticata. Perché mette le nostre stesse armi nelle mani di collaborazionisti, infiltrati e quinte colonne del potere finendo per utilizzarle contro i loro stessi popoli per carpirne e stabilizzarne il consenso. La crisi non è passata ma, nonostante la crescita e/o la tenuta di alcune piccole formazioni di vera opposizione, il treno per superarla sì. Siamo di nuovo all’anno zero e bisogna ricostruire tutto daccapo. Evitando percorsi già battuti e tenendo bene a mente una cosa soltanto: servono coraggio e radicalità. Non a parole, ma per davvero.
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