di Aldo Di Lello

Proviamo a immaginare l’inimmaginabile. Riportiamoci, per gioco, al settembre del 2021. Immaginiamo, sempre per gioco, che il capo del governo italiano, Mario Draghi,  riceva l’allora candidato Cdu/Csu alla Cancelleria, Armin Laschet. E già questo sarebbe un fatto strano, anzi una mancanza di rispetto a livello internazionale, perché un capo di governo europeo non riceve il leader di un partito politico di un altro Paese europeo a una settimana dalle elezioni. In Germania si è infatti votato il 26 settembre dello scorso anno.

Ma non finisce qui. Perché Draghi – sempre nel gioco dell’immaginazione – accompagna a un certo punto l’ospite tedesco nelle sede di uno dei tre partiti di centrodestra italiani. Gli dà una pacca sulla spalla, gli sussurra parole di incoraggiamento all’orecchio e lo lascia in compagnia del leader di questo stesso partito, che convoca una conferenza stampa sulle elezioni in Germania, nel corso della quale tuona così: «Chi, Scholz, il candidato socialdemocratico? È un mezzo comunista. Se vincesse, sarebbero guai per il vostro Paese. Fate di tutto per batterlo».

Se mai fosse accaduta una cosa del genere, sarebbe scoppiato il finimondo tra Italia e Germania. La stampa tedesca si sarebbe scatenata. Roma sarebbe finita sotto accusa davanti alla Commissione di Bruxelles. L’ambasciatore italiano a Berlino avrebbe ricevuto una telefonata di fuoco dal ministro degli Esteri tedesco.

Abbiamo descritto uno scenario assurdo, surreale, fantapolitico.

Be’, per quanto assurdo, surreale e fantapolitico, un simile scenario s’è invece fatto realtà in questo settembre 2022, ma a parti inverse. Lunedì 19, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ricevuto il segretario del Pd, Enrico Letta.

Dopodiché lo ha accompagnato nella sede del partito socialdemocratico e lo ha affidato al presidente dell’Spd, Lars Glingbeil, il quale è poi intervenuto a gamba tesa nei fatti italiani. Davanti ai giornalisti ha dichiarato : «Sarebbe un segnale importante se Letta potesse vincere e non Meloni, che, come partito postfascista, porterebbe l’Italia in una direzione sbagliata».

Vi risulta che sia successo un qualche finimondo? Macché, anzi. La stampa italiana ha registrato allegramente l’episodio. E quella che fiancheggia il Pd ne ha tratto l’ennesimo spunto per attaccare la Meloni. Sergio Mattarella è rimasto in silenzio. Bruxelles ha girato il capo da un’altra parte.

L’hanno chiamato “endorsement”, ma voi come lo chiamereste? Sgarbo, maleducazione, scortesia: sono questi i termini più adatti. Ed è bene chiarire che ci troviamo di fronte a un mancanza di riguardo rivolta non tanto contro la Meloni, ma contro l’Italia intera. Perché, indipendentemente dalla vicinanza politica tra Scholz e Letta e dal vantaggio che ne potrebbe derivare, gli elettori del Pd, prima di essere elettori sono cittadini italiani. E, come tali, dovrebbero comunque sentirsi offesi e mortificati se un capo di governo straniero si permette (ancorché indirettamente) di mettere bocca nei fatti italiani a pochi giorni da un cruciale appuntamento elettorale.  Invece niente. La sinistra italiana gioisce per l’ennesima invasione di campo nella politica nostrana.

È un fatto che suggerisce mesti pensieri, a partire dalla scarsa considerazione che la politica straniera, a partire da quella tedesca, continua a nutrire per l’Italia. Saltato il tappo di Draghi, tra non molto torneremo allo stile della P38 su un piatto di spaghetti, come, beffardamente, “Der Spiegel” rappresentava il nostro Paese negli anni Settanta.

Risulta triste pensare che Scholz, nonostante sappia di dover incontrare tra non molto, con ogni probabilità, Giorgia Meloni in qualità di prossimo presidente del Consiglio italiano, se ne infischi totalmente di tale possibilità e non dimostri interesse alla necessità di preparare un clima disteso con il futuro esecutivo di Roma. Le relazioni  tra capi di governo normalmente prescindono il colore politico. Ci troviamo quindi di fronte a un segnale non molto rassicurante.

Ciò accade perché la Meloni è “postfascista”, come dice l’Spd? Forse. Ma è più probabile che Berlino si prepari a mettere in difficoltà Roma nei prossimi mesi sui dossier più caldi: dal prezzo del gas al patto di stabilità. Il colore politico del prossimo governo italiano ha tutta l’aria di essere una scusa. E il Pd ha pure voglia di brindare. Che tristezza…

fonte:

Di BasNews

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