di Aldo Di Lello

Croci in vetta, la polemica è rientrata in questi giorni e ne siamo lieti. Il punto è che è rientrata troppo tardi. E va anche detto che il comunicato del Cai che smentisce l’intenzione di togliere il simbolo cristiano per eccellenza dalle cime delle montagne non è del tutto convincente.

Nel documento si afferma che la polemica non aveva ragion d’essere perché tutto era nato da un articolo apparso sul sito ufficiale del Club, nel quale non si proponeva di togliere le croci sulle vette, bensì di non installarne di nuove, in quanto elementi “antropici” che rovinerebbero il paesaggio e simboli che stonerebbero con il nuovo, non  meglio precisato, contesto storico.

Insomma, una questione piccola piccola che non meritava tanto baccano. Messa così, non si può che concordare con il Cai nell’abbassare il profilo della vicenda. Senonché non si può anche fare a ameno di rilevare che c’è qualcosa che stona in questo intervento del Club alpino. Innanzi tutto ci si chiede perché il Cai abbia atteso tanti giorni per spegnere ufficialmente la polemica. Forse non erano tutti d’accordo? E poi lascia un po’ perplessi il fatto che il Club, pur non prendendo posizione sull’articolo incriminato, lascia tranquillamente passare l’idea che le croci siano elementi “antropici”

Elementi “antropici”, vogliamo scherzare? La croce è simbolo sacro universale, l’essenza stessa del cristianesimo.

Si può anche essere atei, ma si deve comunque riconoscere che la presenza di croci, edicole e altre testimonianze religiose è parte integrante del territorio alpino e rimanda all’idea della sacralità della montagna. 

Non c’è elemento “antropico” che tenga: le croci sulle vette stanno a significare la meta di un percorso che non è semplicemente sportivo ma  ascetico, laddove l’ascesi contiene il significato ultimo della salita fino alle cime.

Tutto in montagna parla di sacro. Ovunque, nei sentieri, ci si imbatte in un richiamo a una dimensione “altra” e “alta”. E non ci sono solo le edicole con il  crocifisso. Ci sono anche le Vie Crucis, come quella nella Valle del Renon (in Alto Adige) che accompagna il sentiero verso la fantasmagoria geologica delle Piramidi di Terra. La salita, la fatica aiutano a meditare sulla Passione di Gesù. E poi, quasi non volendo, andando a zonzo per quel territorio, si possono scoprire angoli stupefacenti, come  gli affreschi sacri della chiesa di Maria Assunta a Lungomoso, una gemma di arte religiosa tenuta nel XIV secolo dai Cavalieri Teutonici.

Tutto parla di sacro in montagna. E questa polemica di prima estate sulle croci nelle vette sta a ricordarcelo. Speriamo che la pialla del politicamente corretto e della cancel culture non arrivi anche qui.

Fonte:

Di BasNews

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