di Massimo Spread

Tra i 60 e i 100mila euro a famiglia, tanto costerà rispettare la nuova follia europea sulle case ecologiche. Ieri il Parlamento Europeo ha approvato con un’ampia maggioranza, 370 voti a favore a fronte di 199 contrari e 46 astenuti, la direttiva sulle “case green”, che di fatto mette in mora la stragrande maggioranza degli immobili italiani. L’accordo prevede infatti che gli edifici residenziali dovranno garantire una riduzione dell’energia utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e del 22% entro il 2035 rispetto al 2020. Ogni Stato dovrà poi assicurarsi che il 26% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni in fatto di consumi venga ristrutturato.

E non è finita qui: entro il 2030 tutti i Paesi dovranno provvedere a installare impianti solari negli edifici pubblici e in tutti gli immobili residenziali di nuova costruzione. Parliamo di interventi che costeranno centinaia di miliardi, che l’Europa ci impone proprio mentre con il ritorno del Patto di stabilità si chiede ai Paesi più indebitati, a partire dall’Italia, di tagliare all’osso la spesa pubblica. Ci si domanda quindi con quali soldi si riuscirà a finanziare questo enorme piano di lavori edilizi. Di sicuro piani così ambiziosi sono adatti ai paesi del Nord, che hanno maggiori margini di spesa, mentre rischiano di tagliare le gambe alla ripresa del Sud, costretto a spendere per gli interventi green miliardi che potrebbero essere più fruttuosamente impiegati nel miglioramento delle infrastrutture e negli incentivi alle imprese.

Sotto la scure di Bruxelles sono poi finiti incentivi fondamentali per tanti cittadini che faticano ad arrivare a fine mese, come quelli per le caldaie alimentate a metano, che andranno totalmente eliminate entro il 2040. E chi pensa che si tratta di una data tutto sommato lontana, farebbe bene a riflettere che parliamo di un futuro lontano appena 15 anni.

L’impressione è che, a pochi mesi dalla sua scadenza, il Parlamento europeo abbia deciso di lanciare una nuova offensiva ecologista, sulla falsariga di quella realizzata a favore dell’auto elettrica e che fino a oggi ha avuto come unici effetti l’aumento vertiginoso delle importazioni di auto cinesi e l’indebolimento dei costruttori europei, che erano primatisti nella tecnologia del motore termico e sono molto indietro nella capacità di progettazione di vetture a batteria.

Il voto europeo è se non altri riuscito nel miracolo di ricompattare gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra. Anche se Meloni, Tajani e Salvini sono divisi su quasi tutti i grandi temi in Europa, i loro partiti a Strasburgo hanno votato compatti contro il Piano, che al contrario è stato approvato sia dagli europarlamentari del Pd che da quelli grillini.

Tra i leader nazionali l’unico a parlare in prima persona è stato Matteo Salvini, secondo il quale questa è “l’ennesima follia europea. Grazie all’impegno della Lega e del gruppo Id, erano già state fermate alcune delle eco-follie volute dai burocrati, ma non è bastato. La nostra battaglia continua: serve un cambio di rotta per rivedere la direttiva, mandando a casa le sinistre e portando a Bruxelles una nuova maggioranza di centrodestra”. Su un punto il leader della Lega ha senza dubbio ragione: se il voto di giugno porterà più voti al centrodestra – fosse anche al PPE – il prossimo Europarlamento sarà molto più pragmatico e meno ideologicamente ambientalista.

Fonte:

Di BasNews

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