In futuro nessuno potrà dire “non sapevo”, “non credevo”, “non me ne sono accorto” e insomma una qualsiasi delle frasi che esprimono la cattiva coscienza, la pigrizia intellettuale, la paura di ribaltare concezioni abbarbicate come un mollusco alle rocce. Che il globalismo sia la nuova forma di fascismo non solo è evidente a chi non russa nei labili sogni dogmatici del declino, ma viene apertamente affermato da molti protagonisti di questo assalto alla libertà. La loro tracotanza fa il paio con la loro stupidità etica e storica. Per esempio John Kerry, ex segretario di stato di Obama, figura eminente dei democratici e ultimamente divenuto “climatologo” politico, ha sostenuto che il Primo emendamento della Costituzione Usa “rappresenta un ostacolo importante nella capacità di estirpare la disinformazione. Ciò di cui abbiamo bisogno è vincere… il diritto di governare, sperando di ottenere abbastanza voti da essere liberi di poter attuare il cambiamento”.
Siamo di fronte all’esplicita mutazione in fascismo delle istituzioni democratiche già minate ampiamente dalla cricca neoliberista e globalista, portatrice di una concezione tecnocratica e antipopolare della società. Per chi non lo sapesse il primo emendamento è quello che garantisce l’indipendenza della legge, la libertà di culto, di parola, di stampa e di associazione. Dunque per “salvare la democrazia” – il nuovo grottesco slogan del fascismo occidentale – occorre negare le libertà in cui appunto consiste la democrazia.
Dunque davvero un bel cambiamento. Ma ancor più di questa sinistra cretinata che non reggerebbe alle domande di un bambino, mentre naviga sicura tra quelle dei giornalisti cooptati nel progetto fascismo 2, sono significative le circostanze in cui Kerry ha attaccato le libertà costituzionali: parlava infatti a un incontro del World Economic Forum che si è svolto nell’ambito tenutosi durante l’Assemblea generale dell’Onu. Ed è ben noto come il Wef sia ormai il maggior promotore delle iniziative delle Nazioni Unite. Dunque non si tratta di parole a caso, ma esprimono un’intera concezione politica orientata alla tirannia diffusa e a una strategia di azione liberticida che paradossalmente viene smerciata come antifascismo. Quando Kerry si lamenta che con tutte queste libertà “è molto difficile governare” si riferisce principalmente al controllo della narrazione e della propaganda dei governi che promana dalle agenzie governative, dalla comunità dell’intelligence, dalle grandi aziende tecnologiche della Silicon Valley, dai fact-checker, dai think tank e ovviamente dai media tradizionali ormai detenuti da pochi centri di potere effettivo.
La scelta di parole di Kerry e lo squarcio che essa ha prodotto nello scenario edulcorato di una democrazia sempre più rituale, dimostra però che i globalisti cominciano ad avere una certa paura. Il team Obama-Biden-Harris che conduce questi giochi di autocrazia in Usa, è spaventato dal fatto che la loro stessa disinformazione diffusa attraverso i media padronali, non abbia il successo di qualche anno fa e che i cittadini gravitino sempre di più verso piattaforme ancora libere dove si possono trovare notizie che non siano sistematicamente ingannevoli. Questo ovviamente vale anche per l’Europa dove il terrore di un milieu politico che sta portando il continente alla catastrofe, si sta facendo palpabile.
Il tempo è tiranno e ormai il globalismo o riesce a stringere in fretta il cappio o il boia finirà nei guai. L’imminente assemblea dei Brics che ormai rappresentano un’economia reale molto superiore a quella di carta dei vari “G” occidentali, permetterà di capire grosso modo i tempi in cui avverrà il cambio della guardia, che ormai è inevitabile. Lo dice la realtà dei fatti: tra il 1980 e il 2020, la quota dell’Europa sul Pil globale è scesa dal 26% al 15%, mentre quella statunitense è scesa dal 21% negli anni ’80 a meno del 16% nel 2020. La quota dell’Asia e dell’Asia orientale è viceversa in costante aumento: nel 1980 era dell’11,5% ed è salita al 25% nel 2020. Di questo 25%, il 18%. riguarda la Cina. Teniamo contro che il Pil è una misura econometrica molto ambigua e fuorviante perché comprende attività che nulla hanno a che fare con la produzione vera e propria ed è proprio questo che tiene artificialmente alti i Pil occidentali. Quindi le cose vanno molto peggio di quanto in apparenza dicano le cifre.
E allora è abbastanza ovvio il tentativo delle élite occidentali, di non soccombere attraverso una trasformazione autocratica della società che elimini ogni fastidiosa partecipazione dei cittadini e ogni ricerca del consenso.
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