Ne parlano molti romanzi, film, racconti e personalmente ho anche assistito al manifestarsi della sindrome del giocatore. Avevo accompagnato a Montercarlo  un incallito e anziano frequentatore di sale da gioco a cui era stato inibito l’ingresso al Casinò di Sanremo, città dove mi trovavo per una delle tante evenienze della vita. Proprio non riusciva a domare il suo demone e così mi promise una cena al Café de Paris  se lo avessi accompagnato e assistito (aveva qualche problema di vista) durante una notte brava al tavolo della roulette. Non dimenticherò mai la scena: avevo lasciato l’auto buona a Milano e lì giravo con una vetusta utilitaria Citroen ammaccata, scolorita e cigolante… ma lui conosceva molte persone e così quando arrivai di fronte al casinò e al display di Ferrari, Rolls, Bentley, Maybach  e quant’altro, fummo comunque accolti dai fattorini in livrea  che presero in consegna l’auto e la portarono chissà dove, comunque fuori vista, come fosse una mutanda sporca.  Lo spettacolo era in qualche modo infermale perché ai ricchi si mischiavano i turisti in maglietta che volevano amalgamarsi all’ambiente quasi che avesse proprietà apotropaiche. Insomma una torre di babele sociale che si agitava quasi come nel mio stomaco faceva il plateau di ostriche che avevo spazzolato per resistere alla serata.

Ma insomma quello che notai nel vecchio giocatore è che man mano che le puntate sui singoli numeri o sui cavalli o le colonne si risolvevano in una perdita, lui non solo aumentava la posta, ma aumentava anche le puntate per cercare di recuperare le perdite e notai che parecchi facevano la stessa cosa. Così che anche una vincita in qualche giocata finiva per non compensare le perdite complessive. Non mi ricordo più chi disse che il vero giocatore non vuole vincere, ma perdere, osservazione che comunque risale ai tempi dell’antica Roma e credo che sia assolutamente vero: si tratta di una pulsione irrazionale che nasce da un impulso completamente contrario a quello che appare.

Qualcuno si chiederà se sono impazzito, ma no. ho raccontato questo perché è ciò che stiamo vivendo: l’Occidente più perde e più aumenta le giocate e l’azzardo, più si trova in difficoltà e più tenta di uscirne con una mossa che sa di follia. Questo sta succedendo in Europa con l’Ucraina e in Israele, prima con Gaza, poi con il Libano e poi con l’Iran: una volta fatta la puntata ci si accanisce  su una determinata formula. La crisi del sistema finanziario globalista, ovvero di quello che ha governato dietro le quinte da oltre un trentennio, ha provocato l’agonia di ogni reale dibattito sociale che non sia quello meramente figurativo messo in scena dal potere stesso e dunque ha provocato anche il collasso dei milieu politici, oggi rappresentati da personaggi al di sotto di ogni speranza. Questi giocatori dunque non sono soltanto affetti da ludopatia, ma sono anche incapaci di giocare. Trump vive in un mondo che gli viene disegnato da consigliori che a loro volta non lo conoscono, ma lo deducono dalle loro ideologie o dalle loro fissazioni e lo stesso accade in Europa dove di fronte alla palese sconfitta, si arzigogolano piani deliranti che ripetono sempre gli stessi errori. Capiscono che non possono davvero entrare in guerra, ma non sanno elaborare altro. La capacità di immaginare accordi o di affidarsi alla diplomazia è troppo complicata per questo ceto nato tra le foglie di cavolo delle formulette rituali del neoliberismo, muri di mattoni a secco costruiti alla rinfusa che hanno bisogno dell’impalcatura dei media e dei trompe l’oeil degli slogan per tenersi in piedi. Troppo complicato, troppo compromettente  capire gli avversari che essi stessi si sono creati e così vanno avanti puntando poste sempre più alte per mantenere il controllo.

Ci hanno messi sul tavolo da gioco prima sradicando la capacità di lotta e non abbiamo detto nulla perché questo era “moderno”, poi il welfare e ce ne siamo rimasti zitti tutt’al più con qualche mugugno, poi l’agibilità politica condita di proteste dal divano e da false contrapposizioni di facciata e adesso che si stanno giocando al tavolo le nostre stesse vite, scopriamo di non sapere più come sottrarci. Le cosiddette élite  sperano ancora che l’erratica pallina finisca sul numero giusto e non si accorgono che la stessa roulette occidentale è in svendita. Ma una cosa è evidente: hanno già perso molto più di quanto non possano permettersi e lo scoprono ogni giorno di più, meravigliandosi che la loro visione del mondo non corrisponda a quanto sapevano (quasi nulla) e a quanto credevano (decisamente troppo) nella loro cieca teologia ultra capitalista e/o nel loro asservimento. Così davvero adesso rien ne va plus e pare che non ci sia altra strada che la guerra.

fonte:

Di basnews

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