di Fabio Torriero

Era già tutto previsto? Se alla fine si doveva andare verso un nome già concordato, condiviso, che vede come sembra, il consenso di Salvini, Conte, Letta (e, dietro le quinte, perfino di Mattarella), perché tutta questa manfrina, che ha abbassato notevolmente, come da un po’ di tempo a questa parte, il prestigio della Repubblica, preda impotente dei peggiori istinti dei partiti?

Paradossalmente ha ragione proprio il leader dem. Loro già sapevano, sono stati fermi, avvinti nella loro superiorità etica, ma anche consapevoli della scelta partorita a tavolino (resta da vedere se al primo giorno o strada facendo). Hanno fatto giocare il Capitano, stoppando e bruciando ogni nome che il centro-destra e lui hanno indicato.

La cosa che tutti, al contrario, avrebbero dovuto fare, è incontrarsi già al primo giorno e scegliere velocemente il presidente della Repubblica.

Altra domanda: perché abbiamo perso 5 giorni preziosi, di fronte a una pandemia che non accenna a mollare, una crisi economica arrembante, una crisi energetica alle porte, con relativa possibile guerra in Ucraina?

La risposta può essere semplice quanto complessa: la verità è che destra e sinistra non si sono mai percepite come forze unite di maggioranza, ma stanno pensando alla prossima legislatura. A separarsi e combattersi. E la partita del Colle si è appesantita per la lotteria sul rimpasto che avrebbe comportato, come comporterebbe, una eventuale spostamento di Draghi (una strada al momento piena di ostacoli) al Quirinale.

Questo è ciò che ha fatto Salvini: ha illuso l’opinione pubblica e sé stesso di poter essere protagonista del gioco e si è rivelato ancora dentro lo “schema-Papeete”. E non è riuscito nemmeno a tenere saldo il suo schieramento. Ha fatto impallinare Berlusconi, il trio Nordio-Pera-Moratti, perfino la Casellati, sapendo che le carte che gli restavano e gli restano sono Casini, e notizia dell’ultima ora, una donna: ma la Moratti, la Casellati, non erano e non sono donne? La verità è che le ha mandate allo sbaraglio in quanto irricevibili e di destra. Cassate pure dai i suoi alleati. La prova? I consensi alla presidente del Senato dovevano essere almeno 453; e alla prova dei fatti, non ha superato quota 382. Voti mancanti: 71; certamente tra i forzisti e i moderati draghiani di centro-destra.

Ora, infatti, si parla della Belloni. E la lunga diplomazia di incontri e telefonate ha registrato una sorpresa: la ricomposizione del governo gialloverde.

Pare che anche Conte sia favorevole all’idea. E se i grillini si sfilano dal centro-sinistra, Letta sarà costretto a convergere sulla Belloni, per non far intestare la vittoria a Lega e 5Stelle. Come se non bastasse, pure la Meloni ha dato il suo assenso all’ipotesi.

Donne finalmente al Colle. Ma se ci fosse una nuova carta coperta? Ad esempio la Cartabia (sponsorizzata da Mattarella)? L’asse, sempre al femminile, inesorabilmente si sposterebbe a sinistra, col Pd immobile, ma come al solito, beneficiato.

E se da una donna si dovesse passare ad un uomo, Draghi risorgerebbe.

Ma era tutto previsto? Una cosa è certa, se non va al Quirinale ormai la sua stella si è molto appannata e indebolita. E il suo governo, in un anno e mezzo, dovrà pagare lo scotto delle odierne fibrillazioni e delle varie scadenze in arrivo (Recovery, caro bollette, ristori alle categorie colpite dalla crisi etc). Ecco perché deve spingere per diventare re-Mario.

Fonte:

Di BasNews

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