“Il presidente siriano Bashar al-Assad ha ricevuto mercoledì a Damasco il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, ultimo segno del disgelo delle relazioni tra Assad e uno Stato arabo che un tempo sosteneva i ribelli che cercavano di rovesciarlo”. Così la Reuters dà notizia della visita dello sceicco Abdullah bin Zayed in Siria, in un incontro a suo modo storico, dal momento che l’Occidente, Stati Uniti ed Europa (Italia compresa), ha cercato di fare di Assad un paria internazionale, non riuscendo.

La distensione mediorientale

In Medio oriente spira una nuova aria da quando gli Stati Uniti hanno allentato la pressione sulla regione, processo favorito dall’allontanamento dei Paesi del Golfo dal loro tutore, che ha conferito loro una libertà di manovra prima impossibile.

Lo testimonia la visita di cui sopra, nella quale, come specifica la Reuters, si è parlato di “una soluzione politica al conflitto siriano”, ma anche la parallela iniziativa degli Emirati, di cui dà notizia al Manar: “Il ministro degli Esteri iraniano Hussein Amir Abdollahian ha ricevuto un messaggio dal suo omologo degli Emirati, Abdullah bin Zayed Al Nahyan, tramite l’ambasciatore del Paese a Teheran, il principe Al Zaabi”.

“Il principe Al-Zaabi e Abdellahian si sono incontrati a Teheran per concordare passi per lo sviluppo delle relazioni tra Iran ed Emirati Arabi Uniti”.

“In precedenza, l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti a Teheran aveva affermato che il suo Paese ‘desidera rafforzare le relazioni bilaterali con l’Iran’”.

Gli Emirati non sono l’unico Paese del Golfo a cercare un nuovo rapporto con l’antagonista Iran. Riportiamo da The Cradle: “Funzionari iraniani e sauditi si sarebbero incontrati il ​​2 gennaio in Brasile a margine dell’insediamento del presidente Lula da Silva, per parlare del futuro dei negoziati in corso tra Riyadh e Teheran”.

“Seyed Mohammad Hosseini, vicepresidente per gli affari parlamentari per l’Iran, ha incontrato Faisal bin Farhan, ministro degli Affari esteri per l’Arabia Saudita, dopo l’insediamento del brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, secondo l’agenzia di stampa Mehr” .

Il riavvicinamento tra Turchia e Siria

Per tornare alla povera Siria, abbiamo dato conto in un’altra nota del riavvicinamento tra il governo di Assad e quello turco, evidenziato dall’incontro tra i ministri della Difesa dei due Paesi a Mosca, sotto la tutela russa. Responsible Statecraft spiega che il summit moscovita potrebbe portare a un incontro tra i due ministri degli Esteri, nel quale potrebbe essere raggiunta la quadra sulla più recente criticità siriana.

Erdogan, infatti, ha il problema di aver promesso di lanciare una campagna contro i curdi siriani dopo l’attentato a Istanbul. E il problema è ora come uscirne senza perdere la faccia, anzi guadagnando qualcosina. Infatti, se attaccasse, si ritroverebbe invischiato in una guerra logorante, nella quale ha tutto da perdere. Allo stesso tempo non può rimangiarsi la promessa di risolvere la criticità dei curdi siriani, coi quali da tempo ha ingaggiato un conflitto sanguinoso e che premono ai confini turchi.

La soluzione potrebbe essere quella di un presidio militare difensivo dell’area a ridosso della Turchia, una fascia larga 30 Km, composto da militari siriani e milizie filo-turche, almeno questo è quello di cui si sta discutendo. Se l’idea, partorita dai russi, andasse in porto, la riconciliazione con Assad sarebbe nei fatti. E magari, prima o poi, porterà a un incontro tra Erdogan e Assad.

Erdogan tiene molto a questa prospettiva, come riferisce ancora Responsible Statecraft, sul quale si legge: “Dopo essersi scambiato una calorosa stretta di mano con il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi nel corso un incontro faccia a faccia svoltosi ai margini dei i Mondiali del 2022 in Qatar, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan  ha risposto ai suoi frustrati critici interni sulla Siria, dicendo: ‘Proprio come siamo sulla buona strada con l’Egitto, le cose potrebbero andare sulla buona strada anche con la Siria… non c’è spazio per i rancori in politica’”.

Così abbiamo dato notizia di un altro ravvicinamento che si registra nel mondo arabo, quello tra Turchia ed Egitto, divise negli anni recenti da feroci conflittualità, sfociate in guerra aperta nel caos libico, dove i due Paesi hanno sponsorizzato avverse fazioni locali.

Incenerire la Siria

Ma questo processo distensivo trova ostacoli, in particolare sulla Siria. Così su Antiwar: “Martedì [3 gennaio] il Dipartimento di Stato ha affermato che gli Stati Uniti si oppongono alla normalizzazione di paesi terzi con il governo siriano del presidente Bashar al-Assad”.

Tale dichiarazione è giunta dopo quella rilasciata a ottobre dal Segretario di Stato Anthony Blinken, il quale ha dichiarato che gli Stati Uniti si “oppongono” alla ricostruzione della Siria e alla normalizzazione dei rapporti tra questa e altri Paesi.

Una determinazione che ha avuto uno sviluppo recente con il varo del Captagon act, una legge voluta dal Congresso Usa e firmata da Biden per combattere il traffico di droga, il Captagon appunto, che sarebbe commercializzato dal regime di Assad. La legge intende creare una coalizione di Paesi che dovrebbe stringere ancora più la morsa sul martoriato Paese mediorientale.

Accusa simpatica assai, dal momento che il Captagon era usato ampiamente dai ribelli anti-Assad, quelli sostenuti dall’Occidente per rovesciare il legittimo presidente siriano, Al tempo lo sapevano tutti, anche se poi, come scrivevano i media mainstream come il Guardian, si diceva che fosse usata da entrambe le parti.

In realtà, è uno schema usuale, che si ripete sempre uguale a se stesso. Anche in Afghanistan i mujaheddin che combattevano la guerra per procura americana contro i russi usavano l’oppio e lo commercializzavano per comprare armi, facendo del Paese il primo produttore di oppio del mondo (con il ritiro degli americani, i talebani ne hanno vietato la coltivazione, ma non sembrano in grado di contrastarla veramente, dal momento che il Paese è al collasso a causa delle sanzioni internazionali).

Allora, del Captagon non se ne interessava nessuno, nonostante qualcuno la definisse la “droga dell’Isis“, che a quel tempo incrudeliva contro Damasco e l’Occidente.

Nessuna legge di contrasto contro il Captagon allora, e gli articoli di giornale che ne denunciavano il dilagare si contavano sulle punta delle dita, come quello del Washington Post, che spiegava come tale droga sintetica, creata in Occidente negli anni ’60, rendesse gli uomini dei robot, rendendoli capaci di resistere alle condizioni più estreme, di non dormire per giorni e di compiere i più efferati crimini (esattamente quel che si registrava delle milizie ribelli).

Ora che di tale commercio è accusato Assad, con accuse tutte da verificare e che puzzano di strumentalizzazione lontano un miglio (chissà se i curdi siriani, alleati degli Usa…), ne hanno parlato un po’ tutti, favorendo l’approvazione della legge made in Usa.

Insomma, al popolo siriano non solo non sono state sollevate le durissime e decennali sanzioni, neanche durante la pandemia, anzi verranno aggravate attraverso il Captagon act,  ma si cerca anche di impedire che il loro governo stabilisca una pace con i Paesi vicini e che le case e le imprese devastate dal conflitto possano essere rimesse su.

Nel leggere i resoconti delle misure prese dagli Usa ci è venuta in mente la tragicomica esclamazione di Fantozzi alle decisioni del suo capo: “Com’è umano lei…”.

Fonte:

https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/passi-distensivi-nel-mondo-arabo-e-nuove-misure-contro-la-siria

Di BasNews

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