di Aldo Di Lello

L’obiettivo deve essere quello di incentivare la creazione di famiglie quando le coppie sono ancora giovani e fertili. È statisticamente provato che la precarietà del lavoro è inversamente proporzionale alla nascita dei figli.

Il rilancio della natalità non è comunque un fatto solo economico, ma anche culturale ed etico. L’Italia delle culle vuote è anche l’Italia dove ha preso piede un individualismo gretto, isterico e disperato. Un individualismo nemico della vita e avverso alla solidità degli affetti profondi.

Alla diffusione di questa idolatria dell’”io” e di questo edonismo straccione si è aggiunta, in anni più recenti, una spaventosa offensiva contro i valori della famiglia naturale, dell’unione dell’uomo e della donna ai fini della procreazione, della  differenza tra i sessi. A questi modelli, su cui la nostra civiltà si regge da  millenni,  si contrappongono oggi i paradigmi delle “famiglie arcobaleno” , dei “matrimoni” gay, della “fluidità” del gender. È il nuovo conformismo, nemico della vita, sostenuto dall’industria culturale e dal potere dei new media.

Quanto siano importanti i fattori culturali per il rilancio della natalità ce lo ricorda proprio Roberto Volpi in un passo che suona quanto mai “politicamente scorretto”. È quando lo studioso sottolinea che la fase demograficamente più potente nella storia dell’Italia coincide con il miracolo economico. E aggiunge che all’epoca, tra gli anni ’50 e ’60, la famiglia era ancora un valore solidissimo: «La famiglia basata sul matrimonio con rito religioso, a sua volta ispirato ai princìpi della morale cattolica, ha forgiato l’Italia, consentendole il grande balzo fuori dalla povertà, dalla ruralità, dall’arretratezza, dall’incultura, dall’analfabetismo».

Michel de Montaigne, alla fine del ‘500, scrisse che l’Italia era un «paese di morti abitato da un pulviscolo umano». Lo scrittore francese alludeva al contrasto tra la grandezza delle vestigia storiche e l’arretratezza sociale. In effetti, dalla fine del XVI e lungo tutto il XVII secolo, il nostro paese conobbe una decadenza politica ed economica tale da oscurare i primati raggiunti in epoca medievale e poi rinascimentale.

Un viaggiatore straniero del futuro, se non ci rivelassimo capaci di correggere le attuali tendenze demografiche, probabilmente ci descriverebbe così: «L’Italia, un paese di morti. E basta»

fonte:

Di BasNews

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