Non è una ripida discesa, ma un vero precipizio,  la produzione tedesca di auto è scesa di una cifra così alta che non si vedeva dal 1991: -12,2% ad aprile rispetto al mese precedente e questo nell’ambito di un vero e proprio crollo industriale generale che coinvolge moltissimi settori. Con le filiere commerciali ancora parzialmente interrotte, con il prezzo dell’energia quadruplicata, c0n la perdita di alcuni mercati come ad esempio quello russo  e con  l’incertezza sul futuro del settore auto grazie alla vagheggiata transizione all’elettrico era il minimo che ci si potesse aspettare. E mi chiedo come abbiano fatto i responsabili dell’industria ad accettare  queste assurdità. Intanto essi perdono il vantaggio di immagine conquistato in decine di anni in favore di una tecnologia molto più sviluppata in Asia dove ha già linee produttiva che funzionano da tempo e dove peraltro esistono grandi quantità di terre rare necessarie per la fabbricazione di alcune parti delle  batterie, per cui anche eventuali dazi  potrebbero non essere sufficient a riequilibrare la situazione.

Ma si tratta anche  di una tecnologia sostanzialmente più semplice rispetto al motore termico, nel quale insomma  le possibilità di spiccare si fanno più ardue. Eppure ancora a gennaio il capo dell’associazione dell’industria automobilistica tedesca, Hildegard Müller, ha criticato l’UE per aver reso la produzione di autoveicoli più costosa attraverso marchingegni politici che minano gli stessi obiettivi di politica industriale proclamati dall’Europa: ma adesso sembra che tutto si sia assopito e le proteste azzittite. La stessa Allianz che è il più grande conglomerato assicurativo del mondo avverte che il passaggio all’ auto elettrica potrebbe causare mancati profitti per 9 miliardi di euro all’anno , profitti diretti s’intende non del gito d’affari che sarebbe ovviamente molto più vasto.

‘L’acquiescenza  dell’industria europea a queste follie  è del tutto inspiegabile nel mondo normale dove vivevamo una volta: o la dirigenza industriale progetta di trasferirsi armi e bagagli in Usa visto che produrre in Europa sta diventando impossibile, oppure hanno compreso che gli Usa non permetteranno facili vie d’uscita dalla prigione in cui siamo stati cacciati per cui  è meglio evitare lo scontro in attesa di tempi migliori. Ciò  potrebbe apparire poco plausibile e frutto di fantasia , ma in fin dei conti la guerra degli Usa alla Germania cominciò alla fine del 2015 proprio con l’affaire Volkswagen, la  denuncia contro questa famosa azienda che avrebbe truccato i valori delle emissioni. Cosa che però facevano più o meno tutte  le case automobilistiche. La cosa si concluse  con nulla di fatto da punto di vista pratico, ma che costò all’industria tedesca dell’automobile  un bel danno di immagine. Era un avvertimento alla Merkel perché fermasse la costruzione del Nord Stream, segno che le cose già si muovevano verso la guerra in Ucraina. Del resto che la vicenda Volkswagen fosse  strumentale lo dimostra il fatto che il test (peraltro artigianale) fatto da una sconosciuta organizzazione “indipendente” americana, risaliva a un anno prima rispetto al momento in cui è esploso lo scandalo ed era già stato pubblicato senza che avesse alcuna eco.  Il fatto che il test sia stato condotto solo su vetture tedesche importate in Usa e che non siano stati condotti né prima né dopo la scoperta dei trucchi di VW analoghi controlli su auto di altre marche e men che meno su quelle autoctone degli States, rende ancora più chiara la cattiva coscienza insita nella narrazione.

La rassegnazione dell’industria europea che certo non può pensare che le difficoltà produttive siano contingenti, mi fa pensare che nessuno, ma proprio nessuno abbia voglia di salvare il vecchio continente o che si aspetti la dissoluzione della Ue per mettere man0 a un futuro che non abita più qui ed è deteminato dall’altra parte dell’atlantico

fonte:

Di BasNews

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