di Leonzia Gaina

Siccità e speculazioni commerciali abbattono la produzione del mais e fanno salire i prezzi. La doppia preoccupazione arriva dalla Cia-Agricoltura che fa il conto alla rovescia di una crisi annunciata da settimane. “Ancora altri 10 giorni di siccità e la produzione nazionale di mais rischia di essere irrecuperabile”.

Produzione, crollo del 50%

“Senza piogge”, sottolinea la Cia-Agricoltori Italiani “stima un crollo del 50% con una resa di 40/50 quintali per ettaro, paragonabile all’annus horribilis del 2003. Il livello di autosufficienza calerebbe al 30%, con effetto a valanga per l’alimentazione del bestiame delle nostre stalle e per tutte le eccellenze del Made in Italy”.

I fondi speculativi

Al danno, la beffa arriva per gli agricoltori dalla finanza internazionale. “Gli hedge fund e fondi speculativi”, evidenzia la Confederazione, “che sta affondando il prezzo del mais, arrivato a 35 euro/qt e destinato a scendere ancora, noncurante della forte contrazione sul mercato globale dopo il conflitto ucraino. Secondo Cia, a fronte di una spesa media per ettaro schizzata a 3mila euro dopo i rincari energetici e dei fertilizzanti, al cerealicoltore servirebbero almeno 40euro/qt per raggiungere un risicato pareggio”.

Tracollo per settembre

“La mancanza di acqua nelle settimane cruciali di sviluppo della pianta”, calcola l Cia/Agricoltura, “avrebbe effetti catastrofici sul raccolto a settembre, che sarebbe scarso e mal pagato”. Il risultato di

una tale annata, calcola la Cia, porterebbe la maggior parte delle aziende agricole, scoraggiate dall’aumento dei costi e dagli effetti della siccità, ad abbandonare questa coltura, di cui fino a 20 anni fa l’Italia era autosufficiente all’80%. “Tutta la zootecnia nazionale sarebbe sempre più in balia dell’import”, sottolinea la Confederazione, “ed esposta alla volatilità dei prezzi, decisi sulla testa degli agricoltori dalle speculazioni dei mercati finanziari e slegati dalle dinamiche della domanda e dell’offerta”.

Rincari e crisi di produzione

Fra i rincari più pesanti per le aziende cerealicole, segnala la Cia-Agricoltura, “i costi per il fabbisogno idrico (laddove sia ancora possibile e non ci siano razionamenti da parte dei Consorzi di bonifica), che dagli abituali 150 euro per ettaro sono saliti a più di 400, dovendo implementare l’irrigazione per le altissime temperature di queste settimane”. “Lo scenario così negativo sta, addirittura”, rivela la Confederazione, “inducendo alcuni a non investire nelle irrigazioni di emergenza, convinti che il costo maggiorato non verrebbe ripagato in fase di commercializzazione del mais in autunno”.

Solo 6% di superficie coltivate

Cia reputa che anche la deroga Ue sulla coltivazione delle aree a riposo abbia sortito pochi effetti nello stimolare la ripresa della produzione nazionale di mais. “Se la superficie coltivata era, persino, scesa del 6% nell’ultima semina”, commenta la Confederazione, “la siccità e i fattori produttivi alle stelle potrebbero far desistere molti cerealicoltori italiani dall’investire nuovamente nel granturco”.

Fonte:

Di BasNews

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