E’ assodato: la donna, da sempre, è una combattente. Combatte per la sua realizzazione personale; combatte contro i pregiudizi ancora non sfatati sulla condizione femminile; combatte contro un circolo vizioso che la vede inclusa in alcuni schemi stereotipati che spesso non la rappresentano; contro la privazione dei suoi diritti fondamentali, contro le sopraffazioni, le violenze (…)

Ad oggi, tanti sono stati i passi in avanti fatti dalla donna: il suo processo di emancipazione è diventato inarrestabile. Il sofferto cammino di indipendenza le ha consentito di raggiungere le sue conquiste sociali, politiche ed economiche. Eppure, la diseguaglianza sociale tra uomo e donna è ancora presente: assistiamo con immensa indignazione a casi di discriminazione sociale e lavorativa di genere, a casi di violenza domestica, mobbing. Si intende violenza di genere anche un atto persecutorio cosiddetto stalking.

La legge contro la violenza di genere persegue la prevenzione del reato, la punizione dei colpevoli e la protezione delle vittime.

Gli stereotipi nei riguardi della donna che la vedono come un soggetto “fragile”, passivo, non capace di reagire o di ricoprire ruoli di prestigio a livello lavorativo e sociale, non sono ancora stati decostruiti. Infatti, le donne continuano a lottare per sentirsi rivalutate, riconosciute, in Italia e in altre parti del mondo e mai più vittime di svariati meccanismi malsani che causano la perdita della loro dignità.

E’ importante poter contare sulla forza delle istituzioni che, instancabilmente, svolgono, tramite le figure che le rappresentano, un arduo lavoro per fare in modo che i diritti come l’uguaglianza, la parità e la libertà si concretizzino per tutelare la donna nella totalità.

Per approfondire questa tematica, abbiamo parlato con la Consigliera Regionale di Parità, Avv. Ivana Pipponzi.

Dottoressa, lei ricopre un ruolo importantissimo, si impegna costantemente a favore delle donne in numerosi progetti di sensibilizzazione. Qual è il compito della Consigliera Regionale di Parità?

La Consigliera Regionale di Parità è una figura istituzionale prevista e disciplinata dal Codice sulle Pari Opportunità, ovvero dal decreto legislativo 198/2006 ed è deputata, quindi, istituzionalmente-rappresentando sul territorio il Ministero del Lavoro quindi il Ministero delle Pari Opportunità da cui viene nominata-alla promozione delle parità e pari opportunità nell’ambito del lavoro e in particolare al contrasto delle discriminazioni di genere e delle violenze che possono perpetrarsi sul posto di lavoro: in questo ambito agisce come Pubblico Ufficiale. In sintesi, la Consigliera Regionale di Parità è una Autorità Garante della corretta applicazione della normativa posta al presidio della parità di genere sul posto di lavoro.

In che modo si possono contrastare le discriminazioni di genere sul posto di lavoro?

Le discriminazioni di genere sul posto di lavoro si possono prevenire mediante le azioni positive. E’ importantissima la promozione delle Pari Opportunità attraverso moduli formativi soprattutto nell’ambito delle scuole. Ultimamente stiamo sviluppando dei moduli formativi per le ragazze e i ragazzi, incentrati sulla promozione delle professioni STEM ovvero quelle professioni a carattere tecnico, ingegneristico, matematico che sono poco approcciate dalle studentesse ma che danno più possibilità di sbocco nel mondo del lavoro rispetto alle professioni di carattere letterario, umanistico e quant’altro. Le ragazze, per stereotipi e pregiudizi, approcciano a quelle professioni che vengono ritenute più “adatte” ad una donna piuttosto che seguire le proprie reali propensioni. Noi facciamo comprendere che non ci sono professioni per uomini e professioni per donne. Tutti possono fare qualsiasi cosa. Promuoviamo le professioni STEM per auspicare che si possa trovare una miglior retribuzione e una contrattazione tutelante per le donne, in modo tale da sconfiggere il divario di genere.

In questo ambito, è necessario contribuire a formare la necessaria cultura paritaria attraverso convegni, momenti informativi e formativi. In questo senso, vanno anche tutte le indagini che ho sviluppato durante il periodo critico della pandemia: c’è stato uno studio molto interessante sullo smart working in ottica di genere in Basilicata. Abbiamo verificato quante donne in Basilicata conoscevano lo smart working e come si approcciavano a questa nuova modalità di svolgimento di lavoro da remoto. Ho effettuato, inoltre, un’indagine conoscitiva sulla rappresentanza femminile nei comuni lucani, pubblicata nel sito istituzionale.

Con specifico riferimento al contrasto delle discriminazioni di genere sul posto di lavoro (licenziamenti legati alla maternità, induzione alle dimissioni, mancata concessione di part-time ecc.) la lavoratrice (o il lavoratore) discriminata può rivolgersi alla Consigliera Regionale di Parità competente territorialmente che tenterà, dopo aver verificato la sussistenza della discriminazione, di conciliare la controversia e di arrivare ad un accordo, cioè di far rimuovere quella condotta discriminatoria. Si aprirà un procedimento nell’ambito del quale si convocheranno le parti e dove il datore di lavoro è obbligato a presentarsi davanti alla Consigliera Regionale di parità (che agisce come Pubblico Ufficiale) per rispondere delle sue condotte discriminatorie.

E’ possibile combattere la violenza di genere? In che modo?

La violenza di genere, purtroppo, è una questione strutturale della società moderna. Io non concordo assolutamente con chi parla di “emergenza” perché non è un’emergenza, è un fenomeno che esiste da sempre, trasversale perché riguarda tutte le fasce di persone e tutte le zone del mondo sono colpite dalla violenza di genere.

Si può e si deve mettere in campo ogni misura per combattere la violenza sulle donne nelle varie sfaccettature. Ritengo che la normativa in Italia sia più che sufficiente soprattutto a seguito della ratifica in Italia della convenzione ILO. Ci sono tantissime norme, come il codice cosiddetto rosso che ha aggravato ulteriormente le pene per i colpevoli e ha ampliato anche un tessuto di tutela per le donne che subiscono violenze domestiche. Il Governo Draghi ha varato una serie di misure importanti come il braccialetto elettronico e altro. C’è urgenza di un cambiamento della cultura: si deve promuovere sempre di più il rispetto, l’inclusione, la Parità e le Pari Opportunità. Quando parlo di cultura parlo anche di linguaggio: linguaggio corretto, scevro da sessismo e da ogni tipo di stereotipo e pregiudizio. In questo senso è importante l’attività che viene sviluppata dai media. Quando si propongono pubblicità in cui c’è un uso e abuso del corpo della donna, in quel caso si fa subcultura. Quando alcuni giornalisti narrano fenomeni di violenza domestica, spesso incorrono in stereotipi: “Se l’è cercata; Il marito preso da un raptus di follia l’ha ammazzata.” La condotta illecita non va giustificata. Il modo migliore per contrastare la violenza sulle donne è quello dell’educazione.

Ci piacerebbe se lei lanciasse un appello a tutte le donne che in questo momento si sentono in difficoltà a causa della violenza e discriminazioni varie.

Il mio hashtag è “Io ti ascolto”. Io credo che le donne debbano poter sentirsi rassicurate dalle istituzioni che sono preposte proprio a tutelarle quindi devono essere supportate costantemente. Devono sentirsi accolte e credute. Il maggior timore delle donne vittime di discriminazione e violenza, in ambito domestico o lavorativo, è quello di non essere credute quindi si instaura in loro la cosiddetta vittimizzazione secondaria.

Le donne devono essere ascoltate, credute in quelle che sono le loro denunce: le istituzioni ci sono, possono rivolgersi a me, in forma anche anonima sul sito istituzionale: www.consiglieraregionalediparita.regione.basilicata.it

C’è una pagina dedicata a questo tipo di denunce che si intitola proprio “Io ti ascolto”.

Carmen Piccirillo

Di BasNews

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